Accedi

Inserisci le tue credenziali

Nome Utente *
Password *
Ricordami

Il Performance Profile di Butler

Mercoledì, 24 Gennaio 2024 12:13 Scritto da

Uno strumento dalla psicologia dello sport alla danza


INTRODUZIONE

Il Performance Profile (PP) è uno strumento utilizzato nel campo della psicologia dello sport, elaborato da Richard J. Butler alla fine degli anni novanta, che viene proposto tutt’ora tra gli interventi psicologici applicabili all’ambito sportivo. Tale mezzo è stato formulato per conferire all’atleta un ruolo più attivo nei processi decisionali che lo riguardano e dargli la possibilità di sviluppare e incrementare l’autoconsapevolezza dei propri punti di forza e debolezza e favorire, infine, un aumento della propria motivazione in fase di allenamento e di gara.
Il Performance Profile è nato specificamente per la popolazione degli sportivi e soltanto recentemente pochissimi studi hanno provato ad applicarlo al mondo della danza. Alcuni studi evidenziano come la popolazione dei danzatori abbia moltissimi punti in comune con quella degli sportivi, per questo motivo si è voluto studiare l’applicazione del Performance Profile all’ambito della danza. Nello specifico lo strumento è stato presentato ad alcuni studenti dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma con l’obiettivo di osservare gli impatti che tale intervento avrebbe avuto sul campione di danzatori selezionato.


IL PERFORMANCE PROFILE

Nell’articolo pubblicato nel 1992 The Performance Profile: Theory and Application, Richard J. Butler e Lew Hardy spiegano quanto sia importante che l’atleta partecipi attivamente al processo relativo alla decisione degli scopi da raggiungere in campo sportivo. Quello che solitamente avviene in fase di allenamento è che l’allenatore esegua valutazioni individuali sull’atleta ed attui un programma formativo per portarlo allo sviluppo di tutte le abilità tecniche e psicologiche necessarie per quel determinato sport, mentre lo sportivo si limita a seguire le indicazioni del proprio coach cercando di raggiungere i risultati richiesti. Il Performance Profile, quindi, nasce dalla riflessione secondo la quale l’allenatore indica le “proprie” conclusioni all’allievo operando una spiegazione basata sul convincimento dell’atleta, che assume un ruolo tuttalpiù passivo in questo processo. Come riportato nel libro Psicologia e attività sportiva di Richard J. Butler, l’atleta potrebbe considerare gli obiettivi posti in modo differente rispetto al suo allenatore e non sentirsi coinvolto appieno nel suo stesso lavoro ritrovandosi, quindi, a compiere dei sacrifici per migliorare aspetti a cui lui non tiene abbastanza, o comunque, non tanto quanto il suo coach. Il Performance Profile non è altro che un’applicazione naturale della Teoria dei Costrutti Personali di G.A. Kelly del 1955 alla psicologia dello sport, formata da un postulato fondamentale e undici corollari aggiuntivi. Tale teoria si basa sulla concezione che nessuna persona abbia accesso diretto alla verità assoluta nella vita e che ognuno veda il mondo dal proprio punto di vista personale. In altre parole Kelly ha sostenuto che, piuttosto che conforme a un’unica realtà inalterabile, il nostro presente è aperto all’esplorazione e alla revisione, quindi, ci sono sempre modi alternativi di interpretare gli eventi. A partire da questo concetto fondamentale risalente alle teorie costruttiviste dei primi anni cinquanta del novecento, il Performance Profile si propone come uno strumento utile per fare in modo che l’allenatore possa conoscere e comprendere a fondo il punto di vista e i bisogni dell’atleta.


L’APPLICAZIONE DEL PERFORMANCE PROFILE DI BUTLER E HARDY

Butler e Hardy, nel loro articolo del 1992, spiegano il metodo di base della profilazione delle prestazioni. Questo strumento può essere applicato ad un singolo atleta oppure ad un gruppo o una squadra e può essere ripetuto più volte a distanza di settimane o mesi fungendo anche da monitoraggio delle proprie prestazioni.


FASE I - PRESENTAZIONE DELL’IDEA ALL’ATLETA

La prima fase del PP consiste nella presentazione dell’idea all’atleta. Con l’aiuto di alcuni esempi di altri Performance Profiles viene illustrata la procedura di base spiegando all’atleta come la tecnica serva, per prima cosa, per scoprire ciò che l’atleta considera importante per essere un atleta d’elite.


FASE II - ELICITAZIONE DEI COSTRUTTI

La seconda fase riguarda, invece, la suscitazione dei costrutti che non sono altro che le qualità fondamentali, proposte dagli atleti, per essere un ottimo performer nello sport in questione. Tale elenco di caratteristiche, in caso di lavoro con le squadre, viene generato attraverso un brainstorming. In questa fase viene chiesto al gruppo di riflettere sulla domanda Quali sono secondo te le qualità o le caratteristiche di un atleta professionista nel tuo sport? A quel punto gli atleti discutono e stilano un’ampia lista di qualità che poi verranno revisionate dall’intero gruppo selezionando quelle ritenute più importanti e comunque accettate da tutti i componenti.
L’aspetto unico e fondamentale del profilo della prestazione, che si riferisce alla Teoria dei Costrutti di Kelly, risiede proprio nella sua costruzione che nasce dalle parole stesse dello sportivo e dalle caratteristiche che lui, in prima persona, considera importanti. Pone, quindi, lo sportivo come protagonista a tutto tondo della strutturazione del proprio profilo delle prestazioni ed è, perciò, orientato all’atleta e specifico per l’atleta.


FASE III - LA VALUTAZIONE

Butler e Hardy espongono, infine, la fase della valutazione in cui il performer è chiamato a valutare sé stesso rispetto a come si percepisce in quel momento per ognuna delle qualità stabilite nella fase precedente. Per questo processo viene utilizzata la cosiddetta Ruota di Profilazione. La valutazione avviene su una scala da 1 a 10 in cui con 1 si intende “per niente”, mentre con 10 “molto”. Tali valutazioni verranno confrontate poi con quelle delle settimane successive diventando motivo di autoanalisi e riflessione per l’atleta rispetto ad eventuali miglioramenti o peggioramenti.
Esistono molteplici procedure che possono essere utilizzate per la profilazione delle prestazioni e sono riportate nel suddetto articolo del 1992 di Butler e Hardy che spiegano i diversi utilizzi del Performance Profile. In particolare, si ricorda una tra le più significative, ovvero quella in cui anche l’allenatore è chiamato a compiere una valutazione dell’atleta per ogni caratteristica: la ruota di profilazione compilata dal coach dovrà essere confrontata con l’autovalutazione dello sportivo diventando oggetto di dialogo tra i due e favorendo la loro comunicazione per la programmazione e la condivisione degli obiettivi da raggiungere.


GLI STUDI SUCCESSIVI A RICHARD J. BUTLER

Dopo circa vent’anni dall’ideazione della tecnica del Performance Profile, presentato alla comunità della psicologia dello sport da Butler tra il 1989 e il 1992, gli studiosi Daniel F. Gucciardi and Sandy Gordon ne hanno descritta un’estensione e rivisitazione attingendo in modo più completo alla Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) di Kelly del 1995 e fornendo anche un esempio di questa nuova tecnica rivista nella pratica.
L’applicazione della tecnica del PP rivisto segue un percorso simile a quello della versione originale di Butler & Hardy del 1992, con l’eccezione di tre passaggi indipendenti, ma correlati, coinvolti nella fase di elicitazione del costrutto.
A differenza dell’originale tecnica del profilo delle prestazioni, la versione riveduta offre una più ampia gamma di informazioni generate e include una valutazione più approfondita del contenuto della struttura dei sistemi costruttivi che guidano gli sforzi per avere un impatto maggiormente positivo sull’applicazione del Performance Profile. Il Performance Profile rivisto risulta, ad oggi, uno strumento molto utile per il raggiungimento degli obiettivi posti inizialmente da Butler. Tuttavia risulta ancora molto recente e perciò poco applicato poco conosciuto nell’ambito sportivo. Per tale motivo, nella presente ricerca si è scelto di adottare il Performance Profile originale di Butler.


GLI IMPATTI DEGLI INTERVENTI PSICOLOGICI SUGLI ATLETI

Butler e i suoi colleghi, in uno studio del 1993, hanno affermato che il PP si presta efficacemente come strumento per aumentare la consapevolezza di sé e l’impegno per le prestazioni atletiche. L’utilità del processo del PP consiste proprio nell’invitare gli atleti a esplorare, riflettere ed esprimere ciò di cui potrebbero essere attualmente ignari. Butler ha affermato, infatti, che il processo di elicitazione e valutazione delle qualità personali può rivelarsi illuminante per alcuni atleti poiché diventano più consapevoli di ciò che considerano importante e di come le proprie prestazioni corrispondano a quello che si aspettano. A partire dalla consapevolezza di sé stessi e dei propri punti di forza e debolezza nell’individuo nasce la volontà di definire i propri obiettivi e di agire in funzione del proprio miglioramento. Questi concetti sono strettamente legati alla motivazione: le persone, quando sono motivate, si prefiggono di realizzare qualcosa e per questo motivo intraprendono un’azione orientata all’obiettivo. In questo caso se l’azione compiuta è percepita dall’atleta come liberamente scelta porterà a risultati migliori. L’individuo, infatti, può raggiungere il più alto livello di motivazione tramite la motivazione intrinseca che implica la messa in atto di un comportamento unicamente per il piacere che ne deriva, o per un generale senso di soddisfazione personale.


IL PERFORMANCE PROFILE PER LA DANZA

Il numero di studi relativi al Performance Profile applicato alla danza presenti in letteratura è davvero esiguo, nonostante moltissimi ricercatori convengano che i principi della psicologia dello sport (concetti, tecniche, abilità) possano essere trasferiti ad altre aree di performance, soprattutto all’ambito artistico.
Sebbene esistano alcune differenze tra sport e arti dello spettacolo (ad es. competizione, abilità artistica, natura del pubblico) sono evidenti anche molte somiglianze in merito.
Constatato ciò, la quasi totale mancanza di studi del genere relativi alla popolazione dei danzatori, rispetto alle numerose ricerche relative allo sport, ci segnala la preoccupante sottovalutazione della necessità di interventi psicologici anche nel campo della danza.

Bibliografia
Butler R. J., Hardy, L., The performance profile: Theory and application. The sport psychologist, 1992, 6(3), pp. 253-264.
Butler R., Performance profiling: Assessing the way forward, Sports psychology in performance, Oxford: Butterworth-Heinemann, 1997, pp.33-48
Butler Richard J., Psicologia e attività sportiva. Guida pratica per migliorare la prestazione, Il pensiero scientifico, 2009, p. 10.
Butler Richard J., Smith M., Irwin I, The performance profile in practice, Journal of Applied Sport Psychology, 1993, pp. 48-63.
Deci Edward L., Ryan Richard M., Intrinsic motivation and selfdetermination in human behavior, Plenum, New York, 1985.
Gucciardi Daniel F., Gordon Sandy, Chambers T., A personal construct psychology perspective on sport and exercise psychology research: The example of mental toughness, Morgantown, WV: Fitness Information Technology, 2007, pp. 43–55.
Gucciardi Daniel F., Gordon Sandy, Revisiting the performance profile technique: Theoretical underpinnings and application, The Sport Psychologist, 2009, pp. 93-117.
Hays Kate F., The enhancement of performance excellence among performing artists, Journal of Applied Sport Psychology,2002, pp. 299- 312.
Kelly George A., A Theory of Personality, The Psychology of Personal Constructs, Norton, New York, 1963.
Ryan Richard M., Deci Edward L., Self-determination theory and the facilitation of intrinsic motivation, social development, and well-being, American psychologist, 2000, p. 68.

Un gesto senza tempo

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:16 Scritto da

La fotografia di danza ai tempi dei social

La fotografia, sin dalla sua nascita, ha da subito seguito anche la danza, dapprima cercando di carpire i momenti iconici, le pose e le scene nel suo complesso, andando poi con il tempo e l’avanzamento delle tecniche a privilegiare il movimento anche grazie all’utilizzo di luci e composizioni sperimentali. Negli anni ‘30 e ‘40 del Novecento quando la nuova danza moderna ideata da Martha Graham stava guadagnando un suo spazio nella storia della danza, il movimento è stato fissato dalla fotografa di fiducia di Graham, Barbara Morgan, di cui lei diceva: “È raro che un fotografo, persino ispirato, possegga l’occhio demoniaco in grado di catturare l’istante della danza e trasformarla in un gesto senza tempo…”. Non è un caso se anche oggi le immagini create in studio sono spesso accompagnate dall’utilizzo di materiali fluidi e leggeri o di costumi e tessuti che cadono in maniera diversa ogni volta che sono accompagnati da un passo di un ballerino in movimento.
La danza rappresenta un modo universale per dipingere la bellezza e creare momenti perfetti dal punto di vista estetico, specie in un mondo, come quello in cui viviamo, dove la perfezione e la bellezza la fanno da padrona. Grazie al web i fotografi di danza hanno avuto a disposizione una vetrina più ampia per esprimere la propria arte dietro la macchina fotografica e i fruitori hanno avuto a disposizione un mondo d’arte a portata di clic facilmente consultabile.
Tra gli artisti più affermati sui social si possono delineare due tipologie di scatti: quelli più artistici e quelli che prendono spunto dal quotidiano ritraendo in pose “più semplici” in luoghi naturali o urbani.
Artista tra i più famosi sul web il fotografo hawayano Dane Shitagi che una volta stabilitosi a New York ha dato vita ad una nuova concezione della fotografia di danza in particolare fuori dai teatri e da luoghi solitamente non deputati allo spettacolo. Il nome di questo fotografo è sconosciuto ai più perché è decisamente più famoso il suo progetto fotografico nato diciassette anni fa: Ballerina Project (www.instagram.com/ballerinaproject_) seguito da ben 908.000 follower con una bacheca che ospita più di 3.000 foto.
Ballerina Project è una pagina ormai universalmente riconosciuta ma la nostra indagine ci ha portato tra Italia, l’Europa, la Russia e l’America anche alla ricerca di nuove promesse della fotografia di danza proponendo una nuova enciclopedia visiva che possa riempire a pieno le nostre anime grazie alla bellezza dell’arte, dei corpi, dei luoghi e dei paesaggi. Si possono infatti scorrere pagine di fotografi davvero interessanti, anche con meno “seguaci”, ma che propongono un lavoro che, credo, potrà lasciare un segno in un futuro fatto di bellezza e arte.
Iniziando da oltre oceano il popolarissimo Jordan Matter (www.instagram.com/jordanmatter) propone un lavoro scanzonato e molto affascinante che è stato riconosciuto in modo particolare grazie al suo bestseller di fotografie Dancers among us. L’artista, osservando suo figlio intento nell’atto di giocare, si è interrogato sulla capacità di essere totalmente presenti in un preciso momento. Tale ispirazione gli ha permesso di creare fotografie che mostrano le emozioni della vita quotidiana attraverso ritratti di ballerini professionisti che usano l’arte del ballo per comprendere l’arte della vita. Tipico di Matter è “sfruttare” infatti l’ambiente circostante e gli oggetti di uso comune che vengono utilizzati per valorizzare l’ambiente stesso.
Molto popolare è anche Omar Z Robles (www.instagram.com/omarzrobles) fotografo con sede a New York il cui interesse per la narrazione è iniziato da Marcel Marceau. Il leggendario mimo gli ha insegnato a interpretare il mondo attraverso movimenti sottili ma avvincenti; per questo Robles chiede ai ballerini con cui lavora di raccontare storie con i loro corpi. Il risultato è “un fiume” di storie in miniatura raccontate dal flusso delicato dei corpi dei ballerini il cui sfondo familiare elimina la barriera tra soggetto e spettatore, sfidandoti a esplorare il potere di essere diverso.
Anche Alexander Yakovlev (www.instagram.com/ayakovlevcom) fotografo russo con base a Mosca è molto seguito. Le sue immagini sono dei veri e propri quadri il cui compito è tradurre la conoscenza e le emozioni che riceve nella vita reale nel linguaggio dell’estetica e della fotografia. Le sue immagini sono molto suggestive perché riescono a immortalare la magia intangibile di un momento concentrandosi sul gesto, sulla tensione e lo sforzo muscolare dei danzatori. Celebre il suo progetto fotografico Bing Bang Theory dove i danzatori sono immersi nella farina e la dinamicità del movimento è resa tangibile dalla rappresentazione di un gesto come se fosse un’esplosione.
Molto interessante anche il lavoro di Laurent Liotardo (www.instagram.com/balletandphotos) che ha ballato per l’Opéra di Parigi, l’Opera di Bordeaux, il Balletto Nazionale di Marsiglia e l’English National Ballet e ha scoperto la sua passione per la fotografia mentre ballava. Oggi la sua “nuova passione” ha prevalso sulla sua professione da ballerino anche se usa il suo sapere da ex ballerino per far capire meglio ai danzatori quello che vuole ottenere. Le sue foto sono dense di passione, molto nitide, precise e caratterizzate da forti contrasti in chiaroscuro. Il suo scopo è quello di rendere giustizia ai ballerini che faticano molto per arrivare al movimento perfetto e, quando li riprende, cerca di catturare la loro personalità, l’aspetto atletico e la storia dietro l’immagine che scatta.
Particolare la storia di Luis Pons (www.instagram.com/ponsphoto), fotografo con base a New York, che ha cominciato a fotografare in un momento di grande crisi personale a seguito di una grave malattia. Sentendosi isolato e disconnesso, un amico ha suggerito a Luis di prendere una macchina fotografica e di distogliere la mente dal suo disturbo. Utilizzando la fotografia di strada come mezzo per esprimere la sua disillusione, ha iniziato ad acquisire conoscenze e abilità, ma ha anche iniziato lentamente a guarire mentalmente. Man mano che la sua mentalità cambiava, cresceva anche il suo desiderio di fotografare soggetti, come i danzatori, che riflettessero la vita, l’energia dinamica e l’espressione. Un’altra pagina da consigliare è senz’altro quella dell’americano Richard Calmes (www.instagram.com/richardcalmes) che si racconta così nel suo profilo su Instagram: “La fotografia di danza è il mio hobby da pensionato. Lo faccio per divertimento, non per soldi, e per la gioia di lavorare con artisti incredibili per creare immagini meravigliose”. Ha iniziato a fotografare la danza nel 2005 quando sua moglie gli chiese di scattare alcune foto di ballerini per una brochure poi quando è andato in pensione ha iniziato a fotografare seriamente i ballerini. Secondo Calmes la chiave per essere un buon fotografo di danza è amare la danza e i ballerini e questo deve essere al centro del processo di creazione fotografica. Un fotografo di danza deve avere il coraggio di rifiutare lo scatto meraviglioso perché il ballerino non sarebbe contento di una posizione particolare: desidera mostrare ciò che i ballerini hanno imparato con sacrificio durante la loro vita artistica.
La sua immagine più iconica e riconosciuta è quella di una ballerina incinta sulle punte che rimane l’immagine tra le più popolari mai pubblicata sui social. In Italia non ci sono pagine con seguaci così “stratosferici” come all’estero ma si possono seguire fotografi che pubblicano on line immagini ad alto impatto artistico.
Graham Spicer, in arte Gramilano, (www.instagram.com/gramilano) ha immortalato ballerini tra i più famosi al mondo come Svetlana Zakharova, Vadim Muntagirov, Igor Kolb, Eleonora Abbagnato, Polina Semionova, Ivan Putrov, Aurélie Dupont e Jacopo Tissi solo per citarne alcuni. I suoi scatti sul palcoscenico sono di una precisione quasi scientifica che risente senza dubbio della sua formazione attoriale e registica.
Luigi Bilancio (www.instagram.com/luigibilanciophoto) firma immagini di danza con elementi come ali, vesti e l’acqua grazie ai quali vuole restituire la dinamicità del movimento. Come ha affermato lui stesso in merito alla sua mostra Aqua: “l’acqua come la danza sono elementi puri, leggeri, a tratti trasparenti e perciò un connubio perfetto per dimostrare quanto un istante possa divenire l’infinito di un momento”.
Un giovane fotografo che ci regala immagini di danza dal respiro molto attuale e piene di poesia e di scatto interpretativo è Vito Lorusso (www.instagram.com/wito_vl). Lorusso è un ballerino che si è da tempo dedicato alla fotografia della danza diventando anche docente dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano con le sue foto di scena, ritratti e backstage. Con i suoi scatti, come ha lui stesso dichiarato, vuole comunicare una sensazione, una storia, un messaggio utilizzando spesso la tecnica dello storytelling fotografico. Tra gli artisti fotografati, solo per citarne alcuni, Roberto Bolle, Marianela Nunez, Claudio Coviello; tra i progetti si segnala Dancers Shot in Webcam progetto, nato e terminato nel 2020, dove Lorusso ha immortalato danzatori anche attraverso la sua webcam e la funzione “screenshot”.
Ci sono poi fotografi come Piero Tauro (www.instagram.com/pierotauro.fotografo), Alessio Buccafusca (www.facebook.com/buccafuscaalessio), Pierluigi Abbondanza (www.instagram.com/abbondanzapierluigi) che sono presenti sui social in maniera più “classica” svolgendo questa professione da anni ma che, grazie alla loro presenza on line, mettono a disposizione di tutti il loro patrimonio artistico.
Uno spazio interessante è da riservare infine alle fotografe che, anche grazie alla democrazia diretta dei social, sono riuscite a creare una breccia in un mondo notoriamente maschile come quello della fotografia. Di particolare interesse nel panorama internazionale non si può non citare Rachel Neville (www.instagram.com/rachelnevillephoto_motion) che ha creato tutta la sua poetica sul movimento perché per Rachel il corpo è un contenitore di emozioni e il movimento è il suo linguaggio. Nel suo lavoro la sua passione è creare immagini, come dice con le sue stesse parole, “sbalorditive e stimolanti”.
Un’altra fotografa da attenzionare è Lois Greenfield (www.instagram.com/loisgreenfield) che, come lei stessa si descrive su Instagram: “da 50 anni le sue foto hanno catturato la grazia e l’atletismo dei ballerini in volo”. I suoi ballerini appaiono senza peso, liberi dai vincoli della gravità e bloccati insieme in configurazioni apparentemente impossibili. Greenfield, fotografa con sede a New York, è riconosciuta a livello internazionale per il suo approccio altamente personale alla rappresentazione del movimento utilizzando il mezzo dei corpi dei ballerini.
Di grande attualità e molto seguita è la pagina di Darian Volkova (www.instagram.com/darianvolkova), ballerina di danza classica fino a venticinque anni, che ben presto ha scoperto che la fotografia fosse il mezzo perfetto per esprimere la sua passione per il mondo del balletto. Darian ha raccontato che la fotografia l’ha aiutata a catturare gli istinti della danza per l’eternità e che la creazione degli scatti per lei è come creare delle coreografie.
Tra le italiane segnalo Sonia Santagostino (www.onstagestudio.photo/portfolio_section/dance) che con le sue foto racconta momenti di danza e di spettacolo di grande impatto e chiarezza, catturando sia nitidi momenti di movimento sul palco che immagini in posa nel progetto Amaway Project dove, con la coreografa Laura Ziccardi ha cercato di esplorare il corpo femminile attraverso laboratori-shooting di improvvisazione guidata, e Lucia Baldini (www.instagram.com/luciabaldini_), fotografa di danza e teatro, che per undici anni ha seguito il lavoro di Carla Fracci e che, per dirla con le parole di Enrico Gatta, “arriva con l’obiettivo fotografico al cuore della scena che accade davanti a lei. Ha confessato una volta che a guidarla non è la plasticità dei corpi, o la geometria che essi creano nello spazio, o l’espressione dei volti, ma la musica. È la musica a stabilire la frazione di tempo più propizia allo scatto”.

Musica dal vivo e danza

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:12 Scritto da

Il dialogo tra forme d'arte alla base del processo creativo

INTERVISTA A DIEGO OCCHIALI E ANGELICA AURORA MONTANARI

Partendo dal presupposto che nella cultura occidentale musica e danza si incontrano costantemente ma restano essenzialmente due forme d'arte indipendenti, in questo numero di Expression vogliamo approfondire il tema dell'importanza della relazione tra musica e danza.
Un legame senza dubbio indissolubile questo che, al di là della cultura di provenienza a cui ognuno di noi fa riferimento, può e deve essere interrogato nella comprensione di quello che è il processo creativo di queste due forme d'arte e, più di ogni altra cosa, nella valutazione dell'importanza del loro legame alla luce delle ricerche antropologiche che vedono in esse la chiave di lettura per la comprensione dell'evoluzione di queste discipline nell'espressione culturale e sociale dei diversi gruppi etnici.
Due discipline che si esprimono su piani d'azione differenti e si esprimono principalmente sul piano della sfera pubblica: in diverse culture, infatti, i riti danzati sono riti di passaggio ben precisi, che determinano e segnano momenti importanti della vita di comunità e della vita del singolo.
Nel confronto aperto che nasce con artisti, musicisti e danzatori, la relazione può essere complicata da esprimere a parole, ma è rilevatrice di caratteristiche importanti, legate indissolubilmente al messaggio di cui queste forme d'arte si fanno portatrici, ma anche legate alla funzione specifica che le rende un ponte tra culture e testimoni di tradizioni performative proprie di ciascuna cultura. In questa relazione tra musica e danza, possiamo sicuramente notare l'impulso creativo che nasce nel danzatore proprio grazie al suono, al ritmo. Ci siamo confrontati con Diego Occhiali, con cui è nata una bella riflessione sull'importanza dello studio del ritmo per danzatori e Angelica Aurora Montanari, medievista, scrittrice, studiosa teorica e pratica della danza.
Diego, percussionista poliedrico, specializzato in djembe, con un'approfondita conoscenza del mondo delle percussioni, sta portando avanti diversi progetti: il primo è TUMM (concepito durante il primo lockdown). Si tratta di un progetto che riconosce il ritmo come fulcro delle dinamiche vitali, culturali e sociali e che ha l’obiettivo di "agire" tramite l’arte del ritmo, per una società “cross-culturale”, proattiva, consapevole, rispettosa ed empatica verso il prossimo e la natura. L’ équipe è formata da Angelica Aurora Montanari (responsabile cultura, ideatrice artistica e didattica, copywriter), Marco Carone (avvocato in ambito musicale e cinematografico, responsabile produzione, manager dei progetti performativi, direttore artistico degli eventi), Beatrice Andalò (web master, responsabile didattica artistica e ambientale, responsabile comunicazione), Gabriele Rabino (graphic designer), Luca Casadei (fotografo e videomaker), con all’attivo differenti progettualità fra cui la direzione artistica per diversi eventi in Emilia-Romagna, la produzione di assodati o nuovi progetti performativi basati sulla presenza di una relazione profonda con il ritmo.
L'approccio di TUMM è cross-culturale, potremmo dire “da griot": le famiglie dei griot svolgono, nel territorio del Mandé (Mali, Guinea, Senegal, Gambia, Burkina Faso, Costa D’Avorio) il ruolo di custodi e divulgatori della cultura antica. Allo stesso modo TUMM, attraverso l'approfondimento del tema del ritmo, ha come obiettivo quello di trasmettere valori come ascolto, empatia, amore, accettazione di sé e dell'altro (umano e non), sostenibilità e rispetto dell'ecosistema. A questo scopo vengono organizzate pratiche didattiche o esperienziali, corsi settimanali, incontri a sfondo sociale e workshop, produzioni performative, direzioni artistiche di eventi.

VM: A quale progetto performativo vi state dedicando maggiormente?
DO: Attualmente ci stiamo dedicando al prossimo concerto di IMPACTUMM, un concerto dove i musicisti improvvisano sul palco e il pubblico non è più tale ma diviene elemento cantante e coreutico della serata. L’improvvisazione è diretta da 1 conduttore per l’ensemble tramite più di 100 segni corporei codificati e da 2 conduttori rivolti al pubblico per improvvisare insieme tramite voce e corpo.

Vengono usati i metodi “Ritmo con Señas” per la conduzione dell’ensemble, (a cura di Michele Braguti, che ha curato la versione italiana del “Manuale di Ritmo con Segni”, e Alessandro Balestrini), mentre il pubblico è guidato attraverso il metodo “Circle Singing” per l’improvvisazione vocale (a cura di Giulia Matteucci, fondatrice di Circle Singing Bologna) e l’interazione corporea (a cura di ospiti d’eccezione).
Ogni serata IMPACTUMM è irripetibile, non bastano infatti le parole per descriverla: è una vera e propria esperienza da provare. Con un format ristretto di IMPACTUMM abbiamo curato la musica improvvisata di FUSION, lo stage di danza organizzato da IDA a inizio novembre. E’ stata un’ottima occasione per far provare alle e ai giovani partecipanti la sensazione di comunicare tramite il corpo con un suono ispirato da loro e generato per loro: descriverei questo feeling come trovarsi ad essere una ninfea (danza) mossa dall’acqua (flusso musicale) e l’acqua stessa al contempo.

VM: Diego, nei nostri confronti hai sempre posto un forte accento sull'importanza, per danzatori e insegnanti di danza, di comprendere il ritmo musicale, per permettere al danzatore di essere totalmente in sintonia con la musica, durante la performance. Tu sei musicista percussionista e il tuo lavoro ti ha spesso portato a confrontarti con realtà e orizzonti lontani. Qual è la sostanziale differenza nella relazione musica/movimento?
DO: Faccio una brevissima premessa. Considero la relazione musica/movimento sovrapponibile allo scambio che avviene durante un dialogo verbale tra due o più interlocutori: una comunicazione biunivoca, contemporanea e simbiotica generata attraverso un vocabolario comune, il ritmo. La differenza che riscontro, a prescindere dalla tipologia di ambito stilistico e culturale coreutico in cui mi trovo a suonare, risiede nella disponibilità ad ascoltare e ad essere ascoltate\i e la competenza ritmica da parte di chi danza. L'avvio di una relazione biunivoca efficace suono-danza dipende molto dalla disponibilità degli interlocutori, dalla capacità tecnica ritmica e dal desiderio di mettersi in gioco e in comunicazione con i musicisti, senza questo la miccia fatica ad accendersi.

VM: Nelle scuole di danza esiste la possibilità di misurarsi in diretta con musicisti dal vivo durante i corsi di danza settimanali e quotidiani?
DO: È molto raro, fatta eccezione di contesti didattici relativi a stili che prevedono nella loro essenza l'accompagnamento “sine qua non” di musicisti/percussionisti, come le danze di matrice afro. Vi sono tuttavia alcune storiche, importanti accademie europee come, ad esempio, Trinity Laban, IRIE! Dance Theatre, Codarts, dove si possono trovare musicisti in pianta stabile.

VM: Nelle danze della diaspora che valore ha il legame tra ritmo e danza?
DO: Ci sarebbe tanto da dire e studiare ancora su questo tema, ma partirei dall'idea che la relazione ritmo e danza in queste culture è uno degli strumenti principali per il benessere della collettività. Si tratta di una semplificazione estrema: in verità nelle culture afro e della diaspora il ritmo ha diversi ruoli ed è il fulcro di un sistema molto complesso ma non teorizzato analiticamente e che varia a seconda del contesto. I tamburi svolgono un ruolo importante in ogni aspetto della vita, compreso quello fisico, emotivo e spirituale e vengono suonati per comunicare, celebrare, piangere e ispirare, in tempi di pace e di guerra, di semina e di raccolto, di nascita e di morte.

AAM: La relazione tra danza e ritmo nelle culture afro e della diaspora non è - o non è soltanto - una questione di "estetica coreutica", ovvero la creazione di un'"opera d'arte corporea" (per richiamare un concetto sviluppato tra gli altri da Susanne Franco, Marina Nordera, Laurent Sebillotte e Alessandro Pontremoli). Il messaggio orchestico non è diretto a un pubblico alla ricerca di svago ludico o riflessione contemplativa dunque non riguarda dinamiche cinestetiche alle quali l'osservatore partecipa sì, ma solo grazie alla connettività empatica. Il confine tra spettatori e danzatori è labile o inesistente. Ritmo e movimento sono il luogo dell'incontro e della partecipazione comunitaria: si tratta, in altre parole, di forme artistiche strumentali al contesto sociale in cui vengono performate. Chi assiste al "rito orchestico" non è concepito come "pubblico". Ciascuno si trasforma, invece, in un anello fondamentale per la riuscita dell’esperienza collettiva stessa.

VM: Una maggior consapevolezza del ritmo in che modo può influenzare il processo creativo, sia esso legato a una coreografia o a una lezione di danza?
DO: La conoscenza ritmica permette di sviluppare grammatiche utili all’infinita libertà d’espressione delle danzatrici e dei danzatori, linguaggi che prescindono da gabbie identitarie culturali.
L’empowerment della capacità espressiva segue due direzioni: (1) il movimento genera il ritmo e (2) il ritmo genera il movimento. Nel primo caso (1) mentre si danza in silenzio si sta generando interiormente ritmo e suono. La consapevolezza del ritmo creato dal corpo permette di dettagliare maggiormente il movimento, consolidarlo e inserirlo nel proprio vocabolario espressivo. Nel secondo caso (2) l’ascolto e la comprensione di un ritmo ispira i processi creativi delle dinamiche di movimento. Il posizionamento degli accenti suggerisce implicitamente un indirizzo differente degli spostamenti di peso, di movimenti/isolamenti, dell’intensità e dell’intenzione dell’atto danzato, della mimica e delle dinamiche corporee. Il materiale generato attraverso questi processi è utile all’ideazione coreografica per individuare elementi personali da inserire nei processi creativi e costituisce uno strumento didattico ulteriore per guidare gli allievi verso una comprensione più profonda del movimento.
Con il corpo e con il suono si può, in modi empatici non verbali, “chiacchierare”, “scherzare”, “proporre un’idea”, “confrontarsi profondamente”, scrivere (ideazione coreografica), “recitare un testo precodificato” (esecuzione coreografica), “insegnare e imparare” (didattica). La musica e la danza sono di tutti.

VM: Diego, secondo la tua esperienza, la presenza di musica dal vivo può dare impulsi diversi e influenzare in maniera inusuale il flusso della danza, della lezione, della coreografia e della performance? Viceversa, nel processo compositivo, il suono può costruirsi sulla coreografia? In questo caso la danza può dare vita all'impulso creativo? In che modo può influenzare la costruzione del componimento?
DO: La sinergia tra danza e musica avviene specialmente quando ci si permette di avere il tempo di improvvisare sistematicamente con tutti i componenti danzanti e “musicanti” essenziali. Successivamente è possibile scegliere se far diventare l’improvvisazione una scrittura coreutico-musicale o mantenere la sua effimera natura. Questo metodo creativo esiste ancora nel mondo occidentale, ma in modo poco pronunciato e di nicchia. Il momento di improvvisazione è estremamente dispendioso in termini economici, energetici e di tempo. Suppongo perciò che con l’avvento della riproduzione musicale (e recentemente digitale) la music industry si sia diretta verso un appiattimento degli stimoli artistici in funzione di una maggiore efficienza commerciale. Questo ha portato al progressivo distacco della musica dalla danza, un tempo intrinsecamente unite, ma sempre più concepite come ambiti specialistici differenti.

IDA è sempre al fianco delle sue affiliate

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:10 Scritto da

Il 21 ottobre Valentina Poggi, docente Ida per il dipartimento danza classica, è intervenuta come relatrice all’evento organizzato per celebrare i 15 anni del Centro Studi Danzarno A.s.d. fidelizzata ad Ida fin dalla sua fondazione, nel 2008 a Capolona (Ar).

Il viaggio di Sonia e Martina Caporali inizia dalla formazione come docenti in Ida e continua tuttora con la volontà di affidarsi ad Ida anche per la crescita tecnico-artistica dei propri associati. Lo scorso anno accademico Centro Studi Danzarno ha infatti aderito al progetto Esami di livello Ida, accolto da tutti i ragazzi esaminati come un’esperienza potenziante, in grado di stimolare motivazione, responsabilità ed impegno.

L’ insegnamento dell’arte coreutica, come più volte sottolineato dalle autorità del Comune di Capolona che hanno aperto la conferenza Studio e danza. L’importanza della progettualità e della misurazione, determinano la crescita di tanti giovani all’ insegna del benessere. Le parole pronunciate parole dalle Istituzioni esaltano l’amore e la dedizione delle sorelle Caporali, direttrici del Centro. I 15 anni di impegno che hanno voluto celebrare insieme ad Ida hanno rappresentato un ambiente sano nel quale tanti studenti si sono approcciati allo studio della danza classica, modern e hip hop. Presenti in sala insegnanti, studenti e genitori con la volontà di confrontarsi sui temi chiave dell’educazione alla danza. Rispetto, reciprocità, attenzione, dedizione e connessione emotiva sono le parole chiave che Valentina Poggi ha scelto per comunicare la gioia nel trasmettere un’arte collettiva che va vissuta come le più belle storie d’amore. Gli sguardi attenti del pubblico presente sono la testimonianza che occasioni di confronto e riflessione come queste rafforzano il senso di appartenenza e fanno sentire le famiglie meno sole nel loro difficile compito educativo.

L’emozione vissuta anche da Valentina Poggi nel partecipare all’iniziativa è la stessa che spinge la Direzione Ida e il suo staff nel continuare a lavorare al fianco delle scuole di danza che ne condividono i principi fondanti e il codice etico di pratica professionale. Tante scuole di danza su tutto il territorio nazionale incarnano a pieno i valori educativi che contribuiscono a generare numerosi benefici sulle piccole e grandi comunità diventando, attraverso la danza, un punto di riferimento sociale di primaria importanza.

La direzione Ida ringrazia sentitamente Sonia e Martina per aver voluto condividere i festeggiamenti per i loro quindici anni di attività e si mette a disposizione di tutti i centri associati per supportarli nel ribadire la loro identità trovando insieme la strategia migliore per comunicare passione e idee al tuo pubblico di riferimento.

Per maggiori informazioni in merito si può contattare la segreteria: danza@idadance.com

La riforma del lavoro sportivo

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:04 Scritto da

Nuove opportunità per gli istruttori di danza

Dal 1 luglio 2023 per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs.36/21 viene definitivamente e riconosciuta la figura del lavoratore sportivo, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in attuazione dei principi della riforma che hanno imposto di riconoscere tutele e dignità ai lavoratori del comparto superando la problematica dei professionisti di fatto o dei falsi dilettanti. Si tratta di una rivoluzione epocale rispetto all’assetto previgente quando le prestazioni sportive dilettantistiche erano prive di una definizione sostanziale e spesso confuse con prestazioni amatoriali o volontaristiche remunerate mediante compensi collocati nella categoria dei redditi diversi di cui all’art.67 co.1 lett.m) ovvero di redditi non da lavoro per i quali, indipendentemente dal compenso percepito, erano sempre esclusi gli oneri previdenziali.
Con il nuovo quadro normativo e il superamento della figura ibrida dell’amatore viene introdotta una netta demarcazione tra chi opera nello sport a titolo oneroso e pertanto come lavoratore, rispetto a chi presta invece l’attività gratuitamente e spontaneamente come volontario. Anche per allenatori e istruttori di danza dunque si prospettano opportunità e interessanti agevolazioni legate alla nuova disciplina del lavoro sportivo. Ma a quali condizioni? Vediamone gli aspetti essenziali.

Come si definisce il lavoro sportivo?
Innanzitutto la disciplina del lavoro sportivo si applica esclusivamente quando:

• il datore di lavoro o committente sia un soggetto dell’ordinamento sportivo ovvero asd/ssd/enti del terzo settore iscritti al Registro delle attività sportive dilettantistiche; Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate o Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni; Coni, Cip,Sport e Salute spa o altro soggetto tesserato;

• le mansioni rientrino in una delle discipline sportive riconosciute e ricomprese nell’elenco di quelle ammissibili per l’iscrizione al Registro (DANZE ACCADEMICHE Danza Moderna e Contemporanea: Modern Jazz, Lyrical Jazz, Graham, Cunningam, Limon e generi derivati. DANZE ACCADEMICHE Danza Classica: Tecniche di Balletto, Variazioni Libere, Pas de Deux, Repertorio Classico DANZE COREOGRAFICHE Danze Etniche, Popolari e di Carattere: Tap Dance, Twist, Charleston, Belly Dance e danze tradizionali varie DANZE COREOGRAFICHE Danze Freestyle: Synchro Dance, Choreographic Dance, Show Dance, Disco Dance DANZE INTERNAZIONALI Danze Freestyle: Danze Caraibiche (Salsa, Mambo, Merengue, Bachata, Combinata, Rueda), Danze Argentine (Tango, Vals, Milonga), Hustle, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Jazz: Rock'n Roll, Rock Acrobatico, Boogie Woogie, Swing Dance, Lindy Hop, Mixing Blues, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE INTERNAZIONALI Danze Standard e Danze Latine: Valzer Inglese, Tango, Valzer Viennese, Slow Foxtrot, Quick Step, Samba, Cha Cha Cha, Rumba, Paso Doble, Jive, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE NAZIONALI Liscio Unificato e Sala: Mazurka, Valzer Viennese, Polka, Valzer Lento, Tango, Foxtrot, Combinata, Show Coppie e Formazioni DANZE REGIONALI Danze Folk e liscio Tradizionale: Mazurka, Valzer, Polka e altri balli tradizionali STREET DANCE Urban Dance: Hip Hop, Break Dance, Electric Boogie, Funk, Hype, Contaminazioni e stili derivati Danza Sportiva paralimpica);

• l’istruttore o l’allenatore sia tesserato nel rispetto dei regolamenti dell’ente affiliante (FSN/DSA/EPS) e quindi per la corrispondente qualifica di tecnico in base ai predetti regolamenti che, in genere, richiedono il possesso di specifiche abilitazioni rilasciate a livello nazionale dagli organismi sportivi affilianti.

Quale inquadramento?
Il rapporto di lavoro sportivo – a tenore dell’art.25 del d.lgs. 36/21 – può configurarsi, in base alle concrete modalità di svolgimento della prestazione, come subordinato (nel qual caso si applicherà la disciplina speciale dell’art.26 che ad esempio consente contratti a termine fino a 5 anni e non prevede tutele per il licenziamento individuale) oppure autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa che, nel comparto sportivo dilettantistico, è validamente autonoma anche se organizzata dal committente. E’ prevista inoltre una presunzione di co.co.co. quando la prestazione non superi le 24 ore settimanali escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive e quando le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo in base ai regolamenti degli enti affilianti. I limiti sono riferiti al singolo contratto e quindi è anche possibile stipulare co.co.co. con diversi committenti: tuttavia andranno sempre verificate tutte le circostanze del caso concreto per valutare se l’istruttore - svolgendo l’attività stabilmente e in situazione di pluricommittenza anche potenziale - non debba invece più correttamente operare come lavoratore autonomo titolare di partita iva potendo, in tal caso, beneficiare delle agevolazioni del lavoro sportivo e, si ritiene, anche del regime forfettario nel rispetto delle condizioni previste dalla legge.

Quali agevolazioni?
Per il lavoro autonomo - nella forma di co.co.co. o con partita iva – sono previste una serie di agevolazioni fiscali e previdenziali come di seguito riepilogate:

• una soglia di franchigia a fini irpef fino a 15.000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 fin dal 1 gennaio, sommando quindi anche i “vecchi” compensi sportivi percepiti fino al 30 giugno);

• una soglia di franchigia a fini inps fino a 5000 euro annui (da calcolare per l’anno 2023 a partire dal 1 luglio);

• il versamento di contributi previdenziali sulle somme eccedenti tale soglia in misura agevolata e ridotta. Per i lavoratori che non abbiano altra forma di previdenza obbligatoria (e quindi che non abbiamo un'altra posizione lavorativa o non siano titolari di pensione) l’aliquota pensionistica è del 25%, calcolata su un imponibile ridotto della metà fino al 31.12.2027, oltre ai contributi per le tutele assistenziali (malattia, infortunio, maternità, assegno unico familiare, disoccupazione) nella misura pari a 2,03% per il co.co.co. e del 1,23 % per il professionista con partita iva, calcolati invece per intero, sempre sulle somme eccedenti i primi 5000 euro.

Ricordiamo che le fasce esenti sono soggettive, riferite cioè a ciascun lavoratore che dovrà quindi sommare tutti i compensi percepiti a titolo di lavoro sportivo rilasciando apposita autocertificazione al committente.

Quando il lavoro di squadra premia!

Martedì, 23 Gennaio 2024 17:00 Scritto da

Ad ottobre 2024 al Palacongresso di Rimini il 34° Congresso Annuale IADMS

Il 20 novembre Roberta Fadda, direttrice artistica di Ida, è stata premiata durante l’evento Rimini Mundi che si è svolto al Cinema Teatro Fulgor di Rimini. Il premio Rimini Mundi è un appuntamento che Italian Exhibition Group (IEG) e Convention Bureau della Riviera di Rimini hanno promosso per ringraziare gli “ambasciatori del territorio” che con il loro operato hanno favorito lo svolgimento di prestigiosi appuntamenti convegnistici. Roberta Fadda è stata premiata per la sua attività di supporto all’acquisizione dell’evento Annual Congress of the International Association of Dance Medicine and Science che si svolgerà al Palacongressi di Rimini dal 17 al 20 ottobre 2024 coinvolgendo oltre 500 professionisti nel campo della medicina della danza e della scienza.
Questa possibilità è nata dalla sinergia tra Italian Exhibition Group Spa e Ida esperti, uno di eventi internazionali, l’altro come organizzazione più rappresentativa in Italia nel settore danza. Ci hanno parlato di questo evento le artefici del progetto Lara Sandre e Roberta Fadda che condividendo le diverse esperienze sono riuscite ad applicare per vincere la possibilità di ospitare questo evento contro competitors molto forti come le città di Roma, Venezia e Milano.

Roberta la tua presenza al Rimini Mundi ha ancora una volta espresso la fiducia e la professionalità di Ida nel campo della danza. A chi vuoi dedicare questo premio?
Questo premio lo vorrei dedicare a tutte le persone che collaborano con me e a chi con me, come Lara Sandre, ha lavorato per portare per la prima volta in Italia questo importantissimo evento che coinvolge scienza, medicina e il mondo della danza. Questo riconoscimento non sarebbe stato possibile averlo senza il team di Italian Exhibition Group Spa che ha lavorato sempre con grandissima professionalità. Tutto è venuto lavorando insieme per uno scopo comune, io da sola senza la loro preziosissima collaborazione non sarei riuscita a portare questo evento in Italia. Si è lavorato insieme per portare qualcosa di unico in riviera, che è la madre che ha da sempre accolto Ida e Fif.
Voglio ringraziare perché il mio unico scopo è quello di portare un arricchimento nel mondo della danza grazie all’apporto di Iadms. Quello che mi interessa è che Ida possa essere un punto di riferimento internazionale di divulgazione per il mondo della danza.

Roberta ci spieghi meglio quale sia l’importanza di una organizzazione come quella di Iadms? Ne esiste una simile in Italia?
No. Iadms è una organizzazione mondiale di medicina della danza ed è unica al mondo; per questo il convegno annuale che verrà ospitato in Italia sarà un’occasione altrettanto unica. Speriamo che questa sia l’occasione per far conoscere meglio l’organizzazione in Italia perché ha più che altro successo nei paesi di lingua inglese.

In che modo Lara Sandre di Italian Exhibition Group Spa è stata fondamentale per la creazione di questo appuntamento?
Il compito di Lara è cercare eventi internazionali da portare al Palacongressi e dalle sue ricerche è uscita la call per ospitare l’evento Iadms e ha cominciato a cercare l’organizzazione più titolata nel campo della danza per poter rispondere alla call. Ida è uscita come organizzazione più titolata e così si è formato un connubio con la nostra organizzazione.

Lara Sandre, International Business Development Manager di Italian Exhibition Group Spa, per descriverla con le parole di Roberta Fadda possiede una profes-sionalità indiscutibile e ha creato un lavoro di grande condivisione e di energia positiva con tutto lo staff del Palacongressi.

Lara in che modo la sua azienda si occupa di attrarre eventi in sinergia con il territorio e non solo di fiere?
Noi siamo la divisione di eventi e congressi, in parte per la promozione del territorio e con il Palacongressi, la nostra attività è diventata più mirata, con l’obiettivo di destagionalizzare gli eventi e con l’obiettivo di far lavorare la nostra industria durante tutto l’anno e non solo durante la stagione estiva. Noi ospitiamo convention corporate piuttosto che convegni medico/scientifici che hanno approcci di ricerca, poi ospitiamo associazioni internazionali che hanno tra i loro membri anche enti nazionali e alcune altre associazioni che hanno membership individuali e che propongono un annual meeting.

Lara come siete arrivati ad ospitare poi il meeting di Iadms?
Le associazioni indicono un bando di gara per chi vuole organizzare i meeting ed esistono tipologie diverse. Ho cominciato questo lavoro nel 2016 e con la mia attività di scouting ho il compito di trovare le associazioni che possono essere interessati alla nostra ospitalità. Cerchiamo di individuare delle tematiche che possano interessare il territorio così proprio come è successo per danza: ci sono stati diversi elementi che mi hanno fatto pensare… perché no?.

Nello specifico come avete applicato?
Di solito le organizzazioni propongono un beed manual per partecipare alle call. Nel caso di Iadms c’erano linee guida che presentavano elementi seppur scarni, per questo abbiamo cercato di creare noi un progetto più particolareggiato, proponendo date e layout e abbiamo corredato tutto con dati riguardanti la presenza della danza sul territorio.

E ora come sta procedendo l’organizzazione?
C’è stata una visita tecnica del personale di Iadms lo scorso febbraio, è venuta a Rimini la referente dell’organizzazione per la quale è stata organizzata una visita sia sul versante turistico che sul versante danza e ora stanno lavorando all’evento i colleghi event manager dell'area di sviluppo.

Cosa vi aspettate da questo tipo di conferenze?
Queste conferenze non vengono organizzate per creare fidelizzazione, piuttosto si vuole creare una legacy e portare il convegno ad essere vissuto dalla popolazione e stimolare diverse attività legate alle stesse. Per noi è importante creare delle relazioni e dei contatti che ci portino ad instaurare qualcosa nello stesso ambito. Il nostro obiettivo è convogliare conferenze sulla salute, il benessere e la scienza della qualità della vita.

E poi nel 2022 avete presentato la vostra idea progetto nel convegno annuale di Limerick (vicino a Dublino) in una sede universitaria. Come è andata?
Roberta Fadda: Partecipando abbiamo capito quanto nelle conferenze Iadms la danza sia analizzata a 360 gradi.
Lara Sandre: E’ stato un momento formativo per capire meglio quello che sarà realizzato in Italia e abbiamo presentato la nostra idea progetto.

Lara, qual è stata la vostra reazione quando siete stati scelti?
Abbiamo avuto un primo contatto a febbraio poco prima del lockdown del 2020 poi, per forza di cose, ci siamo persi di vista ma poi sono riaperti i contatti e ci hanno comunicato con una mail che eravamo stati scelti e saremmo stati invitati a presentare la nostra idea progetto in occasione dell’assemblea annuale del 2022.

Roberta avete già un’idea del programma?
Manuela Angioi, loro associata, si è presa carico di fare da intermediario tra Ida e Iadms. Sappiamo che saranno molto rigidi nel programma e che prevederà i più svariati argomenti, ci saranno anche le serate e gli spettacoli. Gli incontri sono rivolti a ballerini, docenti, fisioterapisti, medici e le persone potranno scegliere il loro percorso più adatto. Inoltre il convegno sarà sempre fruibile interamente anche da remoto.

Punto di vista

Martedì, 23 Gennaio 2024 16:52 Scritto da

Conversazione con Massimo Gerardi sul Concorso Internazionale di danza Expression e sul panorama della danza in Italia e in Europa

Da anni prezioso giurato del Concorso Internazionale di Danza Expression, Massimo Gerardi si occupa da molto tempo di danza e di talenti, ma da un altro punto di vista: un punto di vista non italiano. Gerardi ha costruito la sua esperienza tra Germania e Austria e attualmente è rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso l’Accademia di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Massimo inizia la sua formazione di danza a Udine e Reggio Emilia e dopo alcune esperienze importanti in patria si è trasferito in Germania allo Stadttheater Augsburg. Ballerino solista presso il Balletto di Norimberga, il Balletto di Dortmund, il Landestheater Linz e lo Staatstheater Oldenburg ha ballato in coreografie di Birgit Cullberg, William Forsythe, Rui Horta, Amanda Miller, Jacopo Godani, Jean Renshaw, Robert Poole, Martin Stiefermann, Jenny Coogan, Gregor Zöllig, Antonio Gomes, David Sutherland e Amedeo Amodio.
Al Concorso Expression ogni anno si cerca di mettere insieme tanti tasselli, tante esperienze, tante opportunità per i giovani e talentuosi danzatori perché ci rendiamo conto che ogni piccolo seme è uno strumento utile nella formazione di danzatori che, a piccoli passi, cercano di capire quale miglior percorso possa aiutarli nella strada verso la danza professionale. In questo percorso i nostri giurati sono fondamentali. Con Massimo Gerardi ogni anno questo lavoro porta frutti impensabili, e sempre meravigliosi e, anche quest’anno, grazie alle borse di studio assegnate durante il Concorso Expression 2023 (accesso diretto alle selezioni private per l’Accademia della Scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Vienna, inclusa inoltre la partecipazione a vari training e grazie alle quali è stato possibile evitare il processo di preselezione) alcuni giovani danzatori hanno dato vita a un sogno.

Massimo, siamo felicissimi di ritrovarti e di ritrovare il tuo entusiasmo per la formazione dei giovani talenti. Da quanti anni lavori all’estero e cosa ti ha spinto a intraprendere questa tua carriera fuori dal nostro Paese?
Sono all’estero già dal 1991 prima come danzatore, poi come docente e coreografo. Già a quel tempo, e in effetti anche oggi, si mirava a intraprendere la propria carriera al di fuori dell’Italia perché, specialmente la Germania, offriva parecchi sbocchi professionali, non solo per la danza classica (mia prima formazione), ma anche per la danza contemporanea e il teatro-danza. Io avevo voglia di entrare in contatto con questi generi che in Italia non si trovavano molto frequentemente.

L‘Italia, da sempre è considerato il Paese dell‘arte e della danza. Mi chiedo e si chiedono in molti, sopratutto tra i giovani, perchè anche per ciò che riguarda la danza (e forse l‘arte in generale) questo non è più un Paese per giovani? Per chi vuol perseguire l’obiettivo di un lavoro dignitoso in quest’ambito, molto spesso le porte di altri Paesi si aprono subito dopo le scuole superiori. Come possiamo invertire questo “processo migratorio” dei danzatori? Pensi sia possibile invertirlo?
Oggi in Italia abbiamo un numero molto superiore di studenti nel campo della danza e contemporaneamente sono stati chiusi due importantissimi sbocchi professionali come le compagnie del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Arena di Verona. Solo le forze di alcuni coreografi indipendenti, come Michele Merola per fare un esempio, hanno creato nuove ed eccezionali realtá professionali, che, tuttavia, non sono dotate di fondi sufficienti per offrire una retribuzione adeguata.
All’estero troviamo molte accademie o universitá della danza che sono in diretto contatto con le compagnie dei teatri locali, come ad esempio l’Accademia in cui insegno io a Vienna, che facilitano l’ingresso nel mondo del lavoro agli studenti che le frequentano. Questa realtá mi sembra che esista in Italia solo in tre istituzioni, le Scuole di danza dei Teatri di Milano, Roma e Napoli.

Al contrario ti chiedo anche un punto di forza del settore in Italia! Nel tuo lungo percorso estero, che ti vede oggi come rehearsal director e insegnante di danza contemporanea presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna, ma che ti ha visto anche insegnante in SEAD e manager della Compagnia di Danza del Teatro di Glessen, sicuramente hai avuto modo di osservare diverse realtà e di confrontarle con quelle italiane. Cosa esporteresti? Qual è la qualità di cui i nostri danzatori devono far tesoro?
Da un lato in questi ultimi anni ho notato un grande sviluppo della danza contemporanea nella scena italiana e di questo sono enormemente contento. Da un altro lato in alcune realtá ho notato un certo abbassamento del livello tecnico della danza classica. Dovremmo, a mio avviso, continuare a praticare contemporaneamente bene i due generi per essere “pronti” ad affrontare il passo verso il professionismo.
Inoltre il carattere dell’italiano é molto deciso ed intraprendente e questo si riscontra soprattutto nella presenza scenica dei nostri danzatori: questo è a mio avviso un punto che ci distingue dalle altre nazioni.

Tre buoni motivi per partecipare al Concorso Expression?
1. professionalitá nell’organizzazione;
2. una piattaforma di livello internazionale;
3. momento di confronto con altre realtá per trarre spunto e progredire.

All’edizione 2023 di Expression hai assegnato alcune borse di studio e proprio tre di quelle borse di studio hanno condotto tre danzatori nella Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Vienna. Cosa significa per loro questo? Puoi descriverci una giornata tipo in Accademia? Quali sono le opportunità una volta concluso il percorso?
Credo che i tre ragazzi si siano molto ben adattati anche perché abbiamo molti studenti che vengono dalla nostra nazione e questo li fa sentire un po’ a casa. Nel contempo per accedere alla scuola dell’ obbligo devono imparare velocemente il tedesco.
L’ Accademia di Vienna é in gran parte basata sulla danza classica. Ci sono lezioni giornaliere per gli ultimi quattro anni dalle 8 alle 12:30 e poi quasi tutti seguono le lezioni in una scuola affiliata per il diploma di maturitá superiore, una specie di liceo coreutico. Le prime quattro classi seguono invece le lezioni della scuola al mattino e quelle dell’Accademia al pomeriggio dalle 14:30 alle 18.
L’opportunitá piú diretta é che alcuni studenti dopo l’ottavo anno vengono inseriti (tramite selezione) nella Junior Company del Balletto dell’Opera di Vienna in cui hanno la possibilitá di continuare a perfezionarsi tecnicamente e di fare esperienza in scena con la Compagnia dell’Opera. ⬢

A, B, C, D Vitamine!

Martedì, 23 Gennaio 2024 15:54 Scritto da

 

A come la prima lettera dell’alfabeto, A come il primo di un elenco, A come un ottimo voto, A come albero (simbolo della vita), A come Alice… A come Vitamina A. La vitamina A me la immagino come una pallina gialla, sorridente e con le guance rosa! La vitamina A, tecnicamente retinolo, è uno dei composti più importanti per noi atleti in quanto la sua peculiarità è il suo potere antiossidante: la respirazione cellulare (assai attiva nei nostri muscoli in fase di allenamento) produce naturalmente radicali liberi e la vitamina A aiuta a ridurli limitando così i danni cellulari da loro causati. Dove possiamo trovare la vitamina A? Soprattutto nei prodotti di origine animale ma non solo perché il nostro organismo è capace di costruirla a partire anche da altri composti “suoi cugini” come i carotenoidi, suoi precursori, che sono presenti in:

1. carote
2. zucche
3. cachi arancia
4. patate dolci
5. albicocche
6. ricotta vaccina, uova
7. cicoria, sedano, crescione.

La vitamina A è importante per la vista, la pelle e la crescita naturale dell’organismo. Ora che entriamo (anche se non si direbbe) nella stagione più fresca dell’anno, più esposti a sbalzi di temperatura e quindi ai primi “malanni”, assumere le giuste quantità di vitamina A aiuta ad aumentare la risposta immunitaria. Dopo l’esposizione estiva al sole meglio consumare vitamina A per ridurre i danni che il sole ha inflitto sulla pelle. Il mio consiglio? Consumiamo carote in abbondanza ogni qual volta pensiamo di esporci ai raggi solari per diverse ore (anche in montagna). La buona notizia poi è che la vitamina A è termostabile per cui in cottura non si danneggia e rimane integra. È una vitamina liposolubile, ovvero “sta bene nel grasso”, quindi possiamo aiutare il suo assorbimento condendo ad esempio gli alimenti con olio extravergine d’oliva!
Finalmente stanno arrivando i mandarini e le arance! Segno che l’inverno ormai è vicino e dobbiamo proteggerci con tanta vitamina C, che non troviamo solo negli agrumi ma in tutta la frutta! Il kiwi ad esempio contiene tantissima vitamina C, quasi più di una arancia, e possiede molte fibre utili a chi soffre di stitichezza e per chi sta facendo una dieta iperproteica. Meglio quindi non dimenticare mai una bella spremuta di arance rosse la mattina: grazie al loro contenuto di antocianine, vitamina C, vitamina A e sali minerali il consumo di arance può considerarsi un fattore di prevenzione importante per le malattie cardiovascolari grazie al loro potere antinfiammatorio e alla capacità di abbassare la pressione.
Mai come ora, che sono risultata positiva al covid, penso quanto sia importante mangiare bene e sentirsi bene! E allora penso alla mia danza! D come Danza , D come vitamina D: la vitamina D è liposolubile, ossia solubile (comoda nei grassi… beata lei!), e ha un importante ruolo nella mineralizzazione dello scheletro. La vitamina D interviene infatti nella formazione delle ossa e dei denti e controlla le concentrazioni di calcio e fosforo nel sangue regolandone l'assorbimento. Negli alimenti la troviamo nelle uova, nel latte, nei formaggi e nel pesce azzurro. A me piace pensarla come la vitamina “abbronzata” perché si forma nella cute per esposizione diretta alla luce solare. In questi periodi di poca esposizione ai raggi solari meglio integrare… appena potrò mi farò una bella gita al mare, ma intanto mi bastano cento passi!

 

Fusion: contaminazione di danze e musiche

Martedì, 23 Gennaio 2024 15:50 Scritto da

Uno stage IDA comincia sempre da un pensiero, da idee condivise, da unione e da passioni che vengono messe in circolo per creare ogni volta qualcosa in più rispetto alla classica lezione di danza. Attraverso gli stage cerchiamo di portare stimoli nuovi, ma soprattutto cerchiamo di offrire spunti di riflessione dai quali partire per arricchire la propria danza. Crediamo nel potere e nella forza della condivisione, negli scambi proficui e negli incontri. Che belli gli incontri: tra persone, culture e linguaggi. E, come per tutti questi incontri, anche l’incontro tra i diversi tipi di danze ha il potere di favorire scambi e nuove creazioni. Da questo presupposto siamo partiti per costruire il nostro ultimo stage: Fusion.
In un mondo sempre più caratterizzato da contesti multiculturali in continua e veloce evoluzione, siamo ben consapevoli del grande potenziale che questi intrecci possono avere sul piano del processo creativo, in quanto possono valere come vere e proprie matrici di elementi artistici nuovi. Fusion parte da qui, da una lettura del mondo contemporaneo e dal valore che riponiamo nel futuro e nelle future generazioni. Per loro riflettiamo ogni giorno, per loro mettiamo in campo nuove visioni o elementi del passato che vanno inseriti nuovamente in chiave attuale.
Così è nato e con queste premesse ci piacerebbe vederlo crescere: tanti percorsi si sono incrociati a Fusion lo scorso novembre, partendo da un elemento che raramente viene proposto durante gli stage di danza: la musica dal vivo. Abbiamo deciso di riallacciare il legame fondamentale tra la danza e la musica dal vivo per dare modo a danzatori e insegnanti di cogliere dalla fusione di queste due forme d'arte, intrinsecamente legate, l’impulso creativo che da questo legame deriva. Nella profonda connessione che è venuta a crearsi tra i musicisti e gli insegnanti, i danzatori hanno potuto cogliere e sperimentare competenze nuove, visioni che solo l’estrema sintonia tra la musica e la danza dal vivo può creare.
Chi ha partecipato lo sa, chi era presente ha respirato la magia creata dai musicisti del progetto Impactumm, un progetto portato avanti dall’associazione Tumm e che vede nel “ritmo con Segni” la peculiarità del suo percorso: ogni pezzo è unico e creato solo per quel determinato momento di danza. Cinque musicisti: Diego Occhiali alle percussioni, Giulio Bonacina alla tastiera, Lourdes Gonzales Gattorno alla chitarra e Giulia Matteucci la voce del gruppo, tutti guidati dai “potenti segni” di Michele Braguti. “Ritmo con segni” porta infatti in Italia un sistema di segni e gesti codificato che coordina il ritmo e la musica degli elementi del gruppo e che, in questo nostro stage, ha saputo cogliere i messaggi dati dalla lezione e dall’insegnante e li ha comunicati ai musicisti, guidandoli in sapienti costruzioni musicali, nuove, improvvisate.
Così nelle lezioni di Rita Valbonesi i bambini hanno potuto vivere concretamente le vibrazioni dei suoni, durante quelle con Melissa Roda hanno sperimentato nuovi movimenti, in un mix di elementi che combinano danza, elasticità e mobilità. L’improvvisazione in musica ha accompagnato poi le lezioni di Improvvisazione Guidata di Michael D’Adamio, durante le quali i danzatori hanno sperimentato variazioni di intensità e di ritmo, che li portavano a mettersi in gioco con l’altro e con lo spazio circostante, in un rapporto dialogico essenziale nel costruire la performance finale.
Fusion e gli scambi dialoganti di questo stage hanno favorito anche la possibilità, durante le lezioni di Capoeira tenute da Diony De Carvalho, di sperimentare lezioni di musica brasiliana: ciascun ballerino ha potuto approfondire la conoscenza di questa disciplina brasiliana grazie alle basi culturali trasmesse dall’insegnante, grazie alla possibilità di poter suonare i tipici strumenti legati alla Capoeira, come il berimbao, l’atabaque, il pandeiro, il reco-reco e l’agogò. Soprattutto hanno potuto apprendere i passi base della Capoeira, un’arte marziale interpretata come una danza, che porta con sé il peso della storia di schiavitù e liberazione dei popoli sottomessi e che, nella sua spettacolarità e disciplina, ha insita la bellezza della danza e offre spunti e tecniche che possono essere di certa utilità per insegnanti di danza o anche per coloro che intendono offrire elementi alternativi nei corsi dedicati ai piccoli e alle propedeutiche.
Matteo Addino, sempre molto amato, ha arricchito poi l’offerta formativa e ha reso Fusion un momento di crescita tecnica per gli allievi, arrivando a toccare corde emotive fondamentali per chi vorrebbe provare a rendere la danza una professione, ma anche per chi la vive come l’unico mezzo per trasmettere all’esterno anche le sensazioni più intime. Per la prima volta dopo tanto tempo è tornato al Centro Studi La Torre Rimi Cerloj, che attraverso sorrisi e sguardi sereni, ha portato nelle nostre sale insegnamenti e momenti di grande danza.
Fusion è stato questo e forse, per chi l’ha vissuto in prima persona, è stato anche qualcosa di più: nuove visioni, strumenti utili per nuovi approcci alla danza.

Alen Bottaini: l’intelligenza non ti fa risolvere solo problemi matematici!

Giovedì, 21 Settembre 2023 17:42 Scritto da

Di origine toscane, tedesco di adozione, Alen Bottaini è il fondatore e direttore artistico della Bavaria Ballet Academy. Ballerino di grande virtuosismo, fino alla fine della sua carriera di danzatore è stato primo ballerino del Bayerisches Staatsballet di Monaco. Inizia la sua formazione presso la scuola di sua madre e all’età di 13 anni prosegue gli studi in Inghilterra al Bush Davies college per entrare poi nella scuola del Royal Ballet di Londra. L’anno successivo, su consiglio della grande Galina Ulanova, si trasferisce in Russia presso la famosa Accademia Vaganova di San Pietroburgo (Kirov Theatre School) nella quale due anni dopo si diploma con il massimo dei voti. Completa infine i suoi studi alla Canada’s National Ballet School dove per un anno approfondisce lo studio della danza contemporanea.
Bottaini è stato il primo e unico italiano ad aver vinto la medaglia d’oro alla competizione internazionale di Varna; nel 2006 è stato dichiarato “Best Performer of the Year” da “Danza & Danza” e nel 2008 ha ricevuto il titolo onorifico di Kammertänzer in Baviera. Nel 2013 fonda la sua Accademia di Balletto e quest’anno festeggerà il decimo anno di attività con l’organizzazione di un Grande Gala.
Intervisto Alen dopo esser stato ospite del Campus Ida in cui ha tenuto delle classi di danza classica per cercare nuovi studenti per la sua Accademia tra i dodici e i diciassette anni.

MM: Alen quando ha capito di possedere la vocazione dell’insegnamento?
AB: Dopo un po’ che insegnavo ho capito veramente che anche l’insegnamento potesse essere una mia vocazione: spesso si pensa che se sei stato ballerino ad alti livelli sia naturale fare l’insegnante ma non è così automatico. Insegnare è completamente diverso così come è diverso insegnare in compagnia o in accademia. Quando si danno lezioni in compagnia si fa un riscaldamento particolare per mantenere la tecnica; quando insegni in Accademia invece ti rivolgi a dei bambini e a dei ragazzi e devi insegnargli tutto dall’inizio. Quando, dopo diciassette anni, sono venuto via dalla Bayerisches Staatsballet di Monaco ho capito che ci voleva troppa energia per continuare con il repertorio che proponeva la compagnia così ho capito che dovevo limitare gli sforzi per preservarmi. Per un anno poi sono stato ballerino ospite in diversi gala e, parallelamente, ho iniziato a insegnare.

MM: Quando hai avuto l’occasione di insegnare in modo stabile?
AB: Sinceramente quando ero ballerino non avevo in testa l’idea di insegnare ma un giorno ho visto un annuncio come insegnante all’English National Ballet School di Londra e mi hanno preso proprio quando stava diventando direttrice Samira Saidi, ballerina e insegnante. Samira mi ha tenuto sotto la sua ala protettrice e mi ha insegnato davvero molto, sia dal punto di vista della didattica (guardava sempre attentamente le mie lezioni), che dal punto di vista gestionale su come gestire un’ Accademia: posso dire che mi ha insegnato ad insegnare. Dopo cinque anni che insegnavo lì ho deciso però di lasciare, sia perchè Samira aveva lasciato la direzione della Scuola che per motivi personali. Ero stanco perchè per cinque anni ogni weekend tornavo a casa da Londra e, avendo già aperto anche l’Accademia che dirigo, ero molto occupato e poi, avendo avuto anche il secondo figlio, era arrivato il momento di trovare una stabilità a Monaco.

MM: Così ha deciso di impostare la sua vita a Monaco?
AB: Sì, ho pensato che avevo imparato e conosciuto molte cose che potevo trasmettere ai miei allievi e volevo stare più vicino alla mia famiglia. Inoltre è da trent’anni che abito a Monaco quindi qui mi conoscono molto bene e molte persone mi stimano, oltre al fatto che la danza qui è ancora molto riconosciuta e i teatri sono pieni. Per tutti questi motivi ho messo le mie radici a Monaco poi, anche dal punto di vista logistico, la mia Accademia è favorita perchè Monaco è nel centro dell’Europa. Non è un caso che il 70% dei miei studenti siano italiani: da una parte mi conoscono bene come ballerino, dall’altra Monaco è la tappa più vicina per uscire dall’Italia e i genitori si sentono più tranquilli.

MM: Ho notato che organizza diverse audizioni in Italia e all’estero per accedere alla sua Accademia, come riconosce i giovani talenti?
AB: Chiaramente nel classico si deve rientrare in alcuni parametri ma per me è ancora più importante trovare nei ragazzi l’intelligenza: devo capire se i ragazzi comprendono veramente una correzione, devo poter esser certo che dopo la correzione risultino attenti nella trasmissione dentro al corpo e poi, certo, bisogna avere un fisico adatto, ma questo non è tutto per me. Ovviamente in un giorno è difficile carpire questa qualità, ma vedere se un ragazzo possiede carattere e personalità per me è molto importante. Ho visto anche ragazzi molto dotati ma se non hanno questa qualità non riescono a procedere così come è nei miei intenti. Oggi giorno poi se non sei sveglio e non apprendi subito, i direttori di compagnie non hanno tempo di aspettare: è tutto molto più veloce rispetto ad una volta.

MM: Come mai predilige la strada dell’audizione per entrare nella sua Accademia? Riesce a capire meglio le personalità più giuste per il suo percorso?
Assolutamente, seguo molto la personalità perchè i ragazzi hanno bisogno di avere una vitalità e oggi giorno i ragazzi sono molto svegli e cercare di trovare qualcosa in loro che riesca ad emergere non è facile. Però se il ragazzo ha molta passione riesco a spingerlo per farlo arrivare: ho bisogno di un carattere che possa “acchiappare la cosa” piuttosto che un ragazzo che abbia delle qualità fisiche che non riesca a comprendere quello che gli propongo. Per questo vengo spesso in Italia a fare audizioni: qui i ragazzi hanno molta personalità. Durante l’audizione a Ravenna ho scelto ad esempio tre ragazzi, un ragazzo di diciotto anni a cui interessava partecipare al programma per il Pre Professional Program e due ragazze di tredici anni.

MM: E quando vengono selezionati i ragazzi a partire da quale età cominciano nella sua Accademia?
AB: I ragazzi che sono di Monaco arrivano anche piccoli (nel mio programma i corsi di studio partono dai dieci anni ma ho anche dei corsi pre accademici che partono dai sei anni) anche perchè ho anche un internato in cui vengono seguiti; gli italiani invece di solito arrivano dopo le scuole medie per problemi di studio: preferiscono arrivare sui dodici anni finite le scuole medie, così hanno la possibilità di frequentare un anno per l’integrazione scolastica e poi proseguono nella scuola tedesca.

MM: Secondo lei quindi quali qualità deve avere un danzatore?
AB: Sicuramente un buon danzatore deve saper accettare i consigli, vedere che piega prende la coreografia nella sua unicità, avere musicalità, carattere, espressione ed artisticità. Io preferisco sicuramente queste caratteristiche anche a chi è più pronto tecnicamente perchè il mio lavoro di insegnante deve essere quello di trasmissione e di crescita. Capisco subito se il ragazzo ha avuto un insegnamento sbagliato e se cambia subito il metodo perchè apprende velocemente apprezzo lo sforzo e lo aiuto; altrimenti capisco che non c’è il livello di comprensione giusto che cerco io. Per questo motivo mi è capitato spesso di accogliere ragazzi anche di sedici anni che erano più indietro tecnicamente ma in quei casi gli facevo frequentare i doppi corsi per velocizzare l’apprendimento della tecnica. Ovviamente non ci deve essere un divario troppo ampio con i loro pari, altrimenti sarebbe troppo stressante sia a livello fisico che a livello psicologico.

MM: In che modo ha impostato il suo lavoro accademico? Riscontra differenze rispetto al metodo di lavoro delle Accademie in Italia?
AB: La mia Accademia è basata sulla Vaganova ma ci ho messo molto del mio perchè ho seguito tante scuole diverse con altrettanti metodi (Royal Ballet School di Londra, Canada’s National Ballet School di Toronto): ho cercato quindi di prendere il meglio da ogni insegnamento e ho costruito un mio programma. Durante la pandemia ho creato il programma ABA Alen Bottaini Academic Ballet Program poi ho sistemato tutti gli esami dei corsi tra i sei e i diciotto anni e ho creato per ogni anno le lezioni di esami che si svolgono due volte all’anno e in più per il repertorio si preparano variazioni che vengono poi presentate nei teatri dove i ragazzi possono essere visti anche da altri direttori: quest’anno ad esempio siamo stati a Torino e il prossimo anno andremo a Mentone. Per me è fondamentale dare un’esperienza di palcoscenico ai ragazzi.

MM: Ci sono modalità specifiche che ha introdotto nella sua Accademia grazie alla sua esperienza?
AB: Di base ho ideato un programma che è stato creato sulla mia esperienza di ballerino e quindi c’è molto del mio; certo la base è sempre la stessa e non si può toccare ma ho inserito diversi elementi che derivano dal mio background. Ad esempio sono cresciuto tanto grazie anche alla mia esperienza in coreografie di Balanchine e Forsythe.
Per le mie classi ho anche creato, insieme al pianista Vinicio Colella, tutte le musiche per velocizzare a livello musicale le lezioni: bisogna lavorare lentamente altrimenti i corpi non sono pronti ma abbiamo fatto un lavoro sulle musiche in modo che i ragazzi non si annoino e la musica gli dia un sprizzo di gioia creando il giusto equilibrio tra divertimento e lavoro.

MM: Mi sembra che nella sua idea di Accademia ci sia lo scopo ben preciso di far trovare ai “suoi ragazzi” un lavoro. Come li aiuta in tal senso?
AB: Il mio programma accademico inizia a partire dai dieci anni e arriva fino ai sedici anni (junior), poi gli ultimi tre anni sono per i senior e a seguire ho creato il Pre Professional Program. Già durante l’ultimo anno di questo percorso, mentre gli allievi stanno ancora studiando, li stimolo a partecipare ad audizioni così riescono a superare eventuali rifiuti grazie ai compagni dandosi sostegno reciproco. Con questa modalità molti di loro quando finiscono trovano lavoro perchè in Germania, diversamente dall’Italia, ci sono molte occasioni di lavoro, ogni teatro ha la sua compagnia che funziona, ci sono fondi anche per un piccolo progetto. Anche durante la pandemia hanno aiutato molto la mia Accademia con dei fondi. Purtroppo, devo ammetterlo, ho un pò di rammarico per la situazione italiana.

MM: E come si svolge una giornata tipo in Accademia?
AB: I senior iniziano alle 8.30 e finiscono verso le 16.30: hanno lezione di carattere, passo a due, repertorio, punte, classico, contemporaneo, anatomia, stretching, power training, il metodo Benesh (un sistema di notazione per la danza n.d.r.), poi ognuno crea un progetto coreografico e quello che vince viene portato in scena nello spettacolo finale.
Gli junior tra i dieci e i sedici anni, frequentando ancora la scuola, fanno tra le tre e le quattro ore al giorno e frequentano lezioni di classico, carattere, punte, base moderna con metodo Graham e Limon.

MM: E tutti i ragazzi che frequentano riescono a finire il percorso?
AB: Fortunatamente si. Normalmente riescono a seguire e terminare tutto il percorso, devo dire che non c’è una percentuale molto alta di abbandoni.

Alen Bottaini è una persona deliziosa dal piglio ironico e divertente, sente il peso della responsabilità di essere insegnante e crede che sia fondamentale svolgere questo lavoro con grande passione e dedizione. Possiede una spinta emotiva molto forte che persegue con passione e tenacia e per i suoi allievi ha cercato un metodo che possa coniugare lavoro e divertimento. Il tipo di intelligenza di cui parla Alen, che non è certo quel tipo di intelligenza che ti aiuta a risolvere problemi matematici, è una dote importantissima che non tutti hanno ed è la migliore qualità che secondo lui ogni ragazzo che aspiri a diventare un danzatore professionista possa coltivare nel tempo.

 

 

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

RICEVI GLI AGGIORNAMENTI E

SCARICHI GRATIS

EXPRESSION DANCE MAGAZINE  

 

cope

 

 

 

 

Segreteria didattica:

CENTRO STUDI LA TORRE Srl 

Organismo di formazione accreditato ai sensi della delibera di cui alla D.G.R. N. 461 / 2014.

Ente accreditato alla formazione Azienda Certificata ISO 9001-2015

 

CONTATTI

Indirizzo: 

Via Paolo Costa 2, 48121 Ravenna

Telefono: 

+ 39 0544 34124

CONTENUTI GRATUITI

Scarica gratis contenuti sempre nuovi sul mondo della danza