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Proteine sì… ma quante?

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È veramente molto difficile rispondere a questa domanda. Perché purtroppo ci sono tantissime informazioni diverse in merito. Troviamo da un lato il terrorismo psicologico di chi associa al consumo di proteine le più terribili malattie e dall’altro chi ne incoraggia un consumo al limite delle possibilità umane…

Chi ha ragione? Molto probabilmente nessuno dei due. 

Prima di tutto diventa necessario ricordare cosa fanno le proteine nell’organismo:

• Partecipano alla formazione dei muscoli (sia “muscolo striato”, quelli che permettono il movimento, sia “muscolo liscio” che fanno funzionare molti organi interni)

• Partecipano alla formazione delle ossa

• Partecipano alla formazione di tendini e legamenti

• Partecipano alla formazione delle articolazioni

• Partecipano al funzionamento del sistema immunitario

• Permettono la comunicazione coordinata tra diversi elementi dell’organismo (sistema ormonale, nervoso, ecc.)

• Possono fornire energia

E queste sono solamente le funzioni principali, ce ne sono tantissime altre che richiederebbero la scrittura di un libro intero. Capito questo, è chiaro come le proteine siano importanti per chiunque, ma soprattutto per chi ha un alto livello di attività fisica. 

Il Danzatore sia per la preparazione “fisica” sia per le intense e prolungate attività di studio, può essere considerato un soggetto ad alto tenore di attività fisica. Quindi quante proteine servono? Le ultime linee guida rilasciate dall’International Sport Nutrition Society parlano di un intervallo tra 1.4 e 2 grammi di proteine per ogni kg di peso corporeo. Riservando i livelli più bassi per il mantenimento della condizione e quelli più alti per lo sviluppo della massa muscolare. Questo specificando che in caso di dieta ipocalorica anche per il solo mantenimento potrebbe essere necessario arrivare a livelli superiori, che rimane bene concordare con la propria figura sanitaria di riferimento. Attenzione però! Questo non significa per esempio che di fronte a un peso di 60 Kg sia sufficiente consumare 84 g di alimenti proteici (60*1,4 g). Perché si parla di proteine pure, non di alimenti. Quindi sarà necessario consumare una quota di alimenti che contengano 84 g di proteine. 

tabella proteine

 

* adattato da: Negro M, Rucci Sara, Buonocore D, Focarelli A, Marzatico F. (2013). Sports Nutrition Science: An essential overview. Progress in Nutrition. 15. 3-30.

 

Ma distribuite come? Preferibilmente nel corso della giornata, riservandone piccole porzioni di alimenti che possano includere da 20 a massimo 30-40 grammi di proteine ad ogni pasto. Questo per ottimizzarne l’assorbimento e non appesantire inutilmente l’apparato digerente. 

Nello sceglierne le fonti è bene ricordare che le proteine di origine animale ancora sono quelle che hanno una composizione più adatta per l’organismo umano, preferendo le fonti magre (pesce, carni bianche, siero del latte, ecc.) e di alta digeribilità. Le fonti vegetali possono essere utilizzate, ma prestando attenzione alla loro composizione meno completa e alla complessiva minore digeribilità (questi alimenti spesso si portano dietro sostanze fermentabili che possono complicare i processi digestivi). 

Con questa breve analisi dovrebbe risultare chiaro come le proteine siano un nutriente essenziale per tutti, soprattutto per chiunque mostri uno stile di vita molto attivo come appunto il danzatore. Questo per sostenere e sviluppare la salute e la piena efficienza fisica e mentale.


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Tecnico Nutrizione

Ascolta il tuo corpo, onoralo, rispettalo e nutrilo di ciò di cui ha bisogno 

nutrizione

Se sei un educatore, un insegnante o pratichi danza, sai perfettamente quanto, l’importanza dell’alimentazione sia innegabile per far funzionare al meglio un corpo coinvolto in un’attività fisica ed espressiva così coinvolgente come la nostra.

Conoscere la dieta più appropriata per soddisfare le esigenze del tuo corpo è fondamentale per scegliere il carburante giusto che determinerà le tue prestazioni.

Se hai la responsabilità, come docente, di guidare i tuoi giovani allievi a nutrirsi nel migliore dei modi ed essere in grado di consigliare le famiglie a sostenerli con una buona educazione alimentare, il primo a dover essere istruito sei tu!

Questo corso ti offre la possibilità di confrontarti con un esperto della nutrizione che ti darà tutte le linee guida e i protocolli alimentari più aggiornati. Attraverso il coaching sulla salute diventerai un allenatore olistico in grado di contribuire al raggiungimento del tuo benessere e di quello dei tuoi studenti...

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© Expression Dance Magazine - Giugno 2022

 

 

 

Body percussion: un valido aiuto per gli insegnanti di danza

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La Body percussion è l’arte di produrre dei suoni attraverso la percussione del corpo e ormai è diventata una disciplina usata trasversalmente nei più svariati contesti, da quello performativo a quello didattico, da quello musicoterapico/riabilitativo a quello ricreativo/formativo. 

Ne parliamo con Barbara Cocconi pianista, maestro accompagnatore per la danza classica, docente di Teoria e pratica musicale per la danza presso il Liceo Coreutico Matilde di Canossa a Reggio Emilia e insegnante di musica nelle scuole medie.

Barbara ci puoi spiegare meglio in cosa consiste la body percussion e come è nata questa tua passione?

La body percussion in realtà è da sempre presente in diverse culture come nelle danze e nei canti africani, in alcune danze nel sud est asiatico e anche in Italia ad esempio nelle danze tirolesi.

Come disciplina è stata studiata ed elaborata dall’americano Keith Terry, percussionista e ballerino di tip tap, poi successivamente esportata in Italia da alcuni formatori che hanno imparato la sua tecnica. 

Come insegnante di pianoforte e come maestro accompagnatore di danza classica, ho cominciato ad usare questa tecnica perché ho riscontrato nei ballerini, piccoli e grandi, alcune difficoltà nel capire il fraseggio musicale. Ho compreso come per i miei allievi fosse faticoso comprendere la teoria della musica e ho usato un espediente per farla conoscere meglio: ho dato vita ad un metodo che creasse interesse per la musica e “svegliasse le orecchie”.

Il tuo è quindi un metodo studiato sul campo?

Assolutamente si. Il mio è un metodo empirico: vedo le correzioni degli insegnanti e colgo le necessità dei danzatori. Ho proprio iniziato ad usare la body percussion alla ricerca di un mio percorso, un mio metodo, per aiutare i ragazzi a prendere consapevolezza della musica. Vedo quello che serve e cerco di aiutare i ragazzi nelle loro debolezze: come andare insieme alla musica, la gestione del fraseggio, respirare insieme alla musica e sfruttarla al massimo.

E i ragazzi come reagiscono?

Stimolo molto il loro interesse perché, messa in pratica, la teoria si capisce molto meglio. Così succede che con il corpo costruiscono e sentono ad esempio i canoni e i poliritmi. Gli allievi si fanno trascinare, si accende l’interesse per la musica e il senso di gratificazione di nuove esperienze. Riescono ad essere più consapevoli e avere una marcia in più di altri che non studiano con questa modalità.

E gli adulti?

Secondo la mia esperienza i danzatori “adulti” (insegnanti o danzatori professionisti) sono molto affascinati e coinvolti dalle attività di body percussion e ne colgono tutte le potenzialità a 360 gradi. Un esempio per tutti: nella mia attività di pianista per Aterballetto ho avuto l’onore e il piacere di svolgere con i danzatori della compagnia qualche laboratorio di body percussion, e il riscontro è stato a dir poco entusiastico! 

A febbraio è uscito anche un tuo libro: Patatrac! Musica e body percussion. Percorsi, procedure e materiali per le attività musicali nella scuola. Come è nata questa idea?

Il libro nasce da un’esperienza che ho condotto per la scuola primaria ma che poi ho svolto anche nelle scuole medie. Fin da subito ho voluto testimoniare su carta quello che stavo vivendo e proponendo a questi bambini/ragazzi. Ci tenevo che il libro fosse una fonte di ispirazione pratica per chi volesse riproporre un metodo quindi il volume è ricco di materiali pratici come video spiegazione, video tutorial, video interattivi ed esercizi guidati.

Come è strutturato?

Come un libro di cucina ci sono tre menù per altrettanti percorsi didattici e per ogni percorso sono previste cinque giornate. È una sorta di diario di bordo contenente attività musicali che si avvalgono dell’uso della body percussion che, con il suo ampio ventaglio di possibilità timbriche e motorie, è uno strumento fondamentale per un approccio alternativo, coinvolgente ed efficace all’azione didattica in campo musicale.

E anche tu sei protagonista del libro?

Si la maestra Barbara attraversa i tre percorsi: da un lato offre spunti narrativi per introdurre, circostanziare, caratterizzare i vari elementi in gioco, dall’altro da continuità nella varietà delle proposte, stimolando anche curiosità e aspettative circa eventuali nuove avventure.

In che modo il metodo descritto nel libro può essere utile, secondo te, agli insegnanti di danza? 

Nel libro le attività di punta sono contornate da piccoli esercizi/giochi musicali che mirano a costruire il gruppo classe, sviluppare abilità percettive e abilità motorie (coordinazione, lateralità, sincronizzazione, etc.), scaldare, distrarre, rigenerare/energizzare gli alunni, con il pensiero sempre rivolto anche all’ individualità degli alunni alle difficoltà che possono emergere alle situazioni che creare e possono minare la sicurezza e l’autostima degli alunni stessi. 

Un metodo interessante specie per i corsi di propedeutica alla danza.

E rispetto alla teoria musicale quali skills possono acquisire gli insegnanti?

I percorsi proposti sono fortemente radicati nella teoria musicale ed evidenziano sempre la nettissima prevalenza degli aspetti pratici/motori/esecutivi, una buona naturalezza nell’approccio al fare musica, presupposto imprescindibile per futuri apprendimenti più tecnici o teorici. 

Si spiega così infatti la presenza di alcune attività musicali anche piuttosto articolate che forse sembrano un po’ da specialisti ma che sono spiegate passo dopo passo proprio come si spiega una ricetta di cucina. Proprio tra i miei intenti nello scrivere il libro ho voluto anche fornire elementi di operatività anche per quegli insegnanti che desiderano “affrontare” la musica con maggior perizia, consapevolezza e, soprattutto, sicurezza. 

 

 

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VS - Contemporary Dance Concept

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Il nuovo progetto di danza contemporanea diretto da Michael D’Adamio

 

 

Dal prossimo anno accademico nella sale della sede IDA di Palazzo Spreti, il Centro Studi La Torre partirà con una nuova programmazione incentrata sulla danza contemporanea: VS - Contemporary Dance Concept, sotto la direzione artistica del docente e coreografo Michael D’Adamio.

Michael D’Adamio, danzatore per il Ravenna Festival per produzioni sia di opere liriche che di danza, prosegue il suo perfezionamento a Budapest avvicinandosi alla tecnica Gaga e approfondendo tecniche release e floorwork, contact improvvisation e partnering. 

Già diplomato IDA in vari corsi di formazione e nel biennio IDA Ballet Academy, attualmente è docente IDA in diversi corsi ed eventi e ora si appresta a far evolvere il suo progetto in modo più didattico e nel quotidiano.

VS, che sta per versus, nasce nel 2016 sotto il nome di “Vere Sustanze” con la finalità per gli allievi più meritevoli delle scuole di danza del territorio di poter prendere parte a realizzazioni di spettacoli sotto una guida, come avviamento alla professione. Nel corso degli anni tra le tante produzioni di rilevanza e partecipazioni in festival come giovane compagnia emergente si ricordano: Rimembri Ancora, Profumo di Limoni e Adesso. 

Negli ultimi due anni il progetto performativo si amplia anche a canali digitali realizzando art-video e lavori site specific, sino a creare una programmazione più scolastica per affinare tecnica e padronanza scenica dei componenti. 

VS - Contemporary Dance Concept vuole offrire una formazione a 360° con uno staff altamente qualificato e interamente formato IDA: oltre a Michael D’Adamio, che si dedicherà anche alla docenza per i corsi di modern/contemporaneo ed improvvisazione, verranno coinvolti Cristina Di Paolo per la danza classica e sbarra a terra e Giulia Costantini per l’hip hop.

Per tutti gli allievi che vorranno frequentare i corsi, l’appuntamento è a settembre dove si partirà con lo studio e la formazione per potersi poi dedicare anche al momento performativo, attraverso partecipazione a spettacoli, concorsi e art-video, ma anche a stage e workshop organizzati da altri docenti.

Per maggiori informazioni: 

danza@idadance.com 

tel. 0544 34124

 

 


Michael D'Adamio sarà presente anche a Campus Dance Summer School. Iscriviti >

 


 

 

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Concorso Expression 2022: dietro le quinte

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Già dalle prime ore del mattino il 26 febbraio si respirava un’aria frizzante. 

Sono entrata nel padiglione dedicato al Concorso Expression e da subito ho percepito un’atmosfera magica, un’aria rilassata e piena di energia: un giorno spensierato che faceva scordare le file per il green pass e la “covid mania”. Attaccato ai muri un cartello con un #hashtag quanto mai azzeccato: “fottitene e balla”: un suggerimento per lasciare fuori dal padiglione ogni preoccupazione, per lasciarsi andare e ballare “tra i rottami… per restare a galla”.

Una giornata che è stata una full immersion totale, da mattina a sera inoltrata, una vera e propria “maratona” che ci ha fatto di nuovo respirare a pieni polmoni e ci ha fatto ricominciare ad affrontare le sfide passo dopo passo. 

Quest’anno, in piedi dietro le quinte, il mio orizzonte era il filo del palco: i giovani protagonisti in attesa, gli insegnanti e i presentatori attentissimi, i membri dello staff pronti a gestire le urgenze con grande maestria. Dietro le quinte è tutto veloce, ma sul palco i suoni e i rumori sono sospesi in un rigoroso silenzio: si pensa solo a danzare per il pubblico, a dar sfogo alle proprie emozioni con gli occhi rivolti alla giuria che osserva con attenzione e grande senso di responsabilità i giovani danzatori per affidargli nuove possibilità per il futuro.

Senza dubbio questa edizione del Concorso, ritornato dopo due anni di pandemia, ha concesso ai giovani talenti la possibilità di tornare a sognare una vita nella danza grazie alla possibilità di vincere tante e nuove esperienze e ha fatto vivere emozioni da “prima volta”.

I ragazzi erano al settimo cielo con un sorriso stampato sulle labbra e occhi vividi, negli insegnanti molta voglia di divertirsi e di dare la giusta dose di grinta ed energia ai ragazzi che, per la maggior parte, ritornavano dopo tanto tempo su un palco a ballare dal vivo davanti a un pubblico.

Un’insegnante di una scuola di danza di Sanremo mi ha raccontato: “la ripartenza è stata un’emozione molto grande. Crediamo nell’arte e nella danza che ha una parte emotiva forte”. 

A bordo palco ho parlato con molti ragazzi che mi hanno confidato le loro emozioni e le loro paure: Vedevate gli occhi della giuria?: “Si e questo ci dava una carica pazzesca. Avevamo un pezzo difficile per la nostra età, ma ci siamo impegnate per riuscire al meglio. Era la prima volta che danzavamo insieme questa coreografia”. Per Thomas, 15 anni, è stata un’emozione unica ballare sul palco dopo tutto questo tempo e per lui avere la giuria davanti dà “la giusta carica per andare avanti”. Un gruppo di ragazze di 12 anni che venivano da Napoli e che non avevano mai partecipato: “arrivare sul podio sarebbe stupendo, ballare davanti ad una giuria mi ha dato molte emozioni, ma anche ansia… abbiamo fatto un pezzo difficile per la nostra età ci è voluta molta concentrazione anche se balliamo insieme da quattro anni e siamo un gruppo affiatato”.

E poi c’è stato il momento delle premiazioni in cui c’era un andirivieni costante, tanta trepidazione e lo stupore negli occhi dei ragazzi a cui venivano assegnate le borse di studio.

Un giorno e un’esperienza da ricordare perché, per una volta, mi è sembrato che al chiuso si respirasse meglio che all’aperto!

 

Maggiori informazioni su www.concorsoexpression.com

 

 

 

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Dove vai se il piano editoriale non ce l'hai?

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Rubrica - Chicche social a cura di Chiara Travaglini

 

Prima di iniziare a creare contenuti dobbiamo porci qualche domanda ed è importante avere ben chiare le risposte, il mio consiglio infatti è di prendere carta e penna e concedervi qualche minuto per scriverle.

1 - Cosa vogliamo trasmettere?

Qual è la nostra proposta di valore e perché le persone dovrebbero seguirci?

2- A chi?

Chi è il nostro target di riferimento? Che genere? Che età? Che bisogni vuole soddisfare? Che problemi deve risolvere?

3 - Perché?

Qual è il nostro grande perché? Perché lo facciamo? 

4 - Che obiettivo vogliamo raggiungere?

Come ci vediamo tra uno, due o tre anni? Dove vogliamo arrivare?

5 - Chi sono i nostri competitor?

Facciamo una piccola analisi di mercato, cosa fanno i nostri competitor? Chi ha più successo, cosa sta facendo?

6 - Che carattere abbiamo?

Sia come brand che come Personal brand, come definiamo il nostro essere? Per es. Coraggioso, entusiasta, estroverso, ecc.

Come per magia ora è tutto più chiaro, anche come sarà la nostra presenza sui social. Il primo social in assoluto per importanza di cui parleremo è Instagram. Come si fa ad apparire tra mille profili e migliaia di pubblicazioni? Potrei parlare ore dell’algoritmo di Instagram, dell’importanza del copy, delle grafiche, della palette colori, dei fonts, della bio…

Ma iniziamo da un concetto semplice quanto basilare: il piano editoriale. Cosa, dove, quando, come e perché delle pubblicazioni. Ecco un esempio: 

Travaglini instagram

In questo schema a colonne, per maggiore chiarezza, si indicano con sei colori altrettante tipologie di contenuto diverse. La colonna centrale è dedicata solo ai contenuti Reel. Questo è un esempio di calendario editoriale vasto, con tanti tipi di contenuti a seconda dell’obiettivo che vogliamo raggiungere, se vogliamo divertire, emozionare, ecc…

Non avere paura, si può iniziare step by step e vedere cosa piace al tuo pubblico, perchè, purtroppo o per fortuna, i social sono in continuo cambiamento e bisogna adattarsi e sperimentare! Ci sono però delle regole generali:

• la costanza: nessuno seguirebbe mai una pagina che mette un post al mese, che senso avrebbe?

• la qualitá: utilizzate Canva per le vostre grafiche e Inshot per montare e modificare i vostri video.

Se abbiamo questi due attributi siamo già sulla buona strada, aggiungiamo un pizzico di creatività, marketing, copy persuasivo… e il gioco è fatto! Si, mi direte, e chi le sa tutte queste cose? Ve lo assicuro, pian piano scoprirete che non è poi così difficile.

 


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Social Media: come ottimizzare l'uso dei social per far crescere la tua scuola di danza

Webinar in diretta live 

22 ottobre 2022

webinar social media

 

Il social media marketing per chi dirige una scuola di danza può essere molto opprimente. E’ un’attività che può occupare molto tempo se non hai le idee chiare e può essere frustrante se non ti poni degli obiettivi chiari e raggiungibili.
Quali sono le azioni principali che ti garantiscono di ottimizzare l’uso dei social media per far crescere la tua scuola di danza?
Nello specifico quali foto pubblicare per mettere in evidenza cosa ti contraddistingue? Che post editare per comunicare il tuo valore?
Sponsorizzate si, no e quando?

 

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Simone Corso, vibrazioni magiche

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Cosa significa danzare, sentendo la musica col cuore

 

Simone, raccontaci un po’ chi sei

Ho 26 anni e vivo a Quartucciu, in provincia di Cagliari. Sono un ballerino di danze Urbane, faccio teatro danza e sono un inguaribile sognatore!

Mi piace vivere e scoprire la magia della vita, amo i momenti di solitudine, ma al tempo stesso amo stare fra sognatori come me, condividendo e sperimentando nella danza e nell’arte.

Fin dalla nascita mi sono sempre sentito in un’altra dimensione. Nascendo sordo, ho sempre dovuto adattare tutto a una realtà scomoda per me: dalla socializzazione con gli altri bambini, al bullismo subito in adolescenza, all’emarginazione nel mondo del lavoro. Ci sono stati momenti difficili, ma non mi sono lasciato abbattere, perché proprio da queste esperienze sono partito per trovare la mia forza, per capire che i modi per interagire con il mondo esterno possono essere tanti, dobbiamo solo trovare quello che si adatta meglio a noi e al nostro essere. Per me tutto questo ha un nome: DANZA.

Cosa (o chi) ti ha portato alla danza e, dopo averla conosciuta, perchè l’hai scelta come “compagna” di vita?

La mia famiglia è da sempre parte integrante del mio percorso, presente in ogni passo. Se oggi danzo è proprio grazie a mia madre! Grazie a lei mi sono innamorato della danza: con mia madre ho visto un film sulla danza di strada ed è scattata la scintilla.

Attraverso la danza posso esprimere la mia voglia di libertà assoluta, posso esprimere la necessità del mio corpo di sentirsi cullato, un po’ come le barche, di cui sono appassionato grazie a mio padre.

Oltre alla famiglia però devo assolutamente parlare dei miei compagni, perché se oggi sono qui è anche grazie a loro. Essenziali.

Ti abbiamo scoperto a Italian’s Got Talent, non sarò la prima a dirti che ci hai davvero sorpresi. Ma dopo lo stupore iniziale, la tua partecipazione ha sicuramente aperto a una riflessione: spesso (per non dire sempre) leghiamo certe situazioni e condizioni a realtà impossibili. Definiamo il mondo a priori, ma come ci insegni tu, “tentar non nuoce” quasi mai. Come possiamo trasferire il tuo esempio nel nostro modo di vivere la realtà? 

La Danza è la mia forma di espressione, di sentire e di connettermi con le persone, è la mia anima, il mio vero io, che ho scoperto quando mi sono lasciato trasportare dal cuore.

Vorrei arrivare, attraverso l’arte e la danza, a chi ha bisogno di coraggio, a chi crede nell’impossibile, a chi si sente fuori posto, a chi cerca il suo posto nel mondo. Vorrei lasciare un messaggio ed essere un piccolo esempio, uno fra infiniti, per credere in se stessi, riuscendo così ad andare oltre gli ostacoli della vita.

La Musica è il mio rifugio, un piccolo, ma immenso universo, arriva dritta alla mia anima senza passare dalle orecchie, ed è grazie alle vibrazioni che accade la magia.

Molto spesso il contesto fa la differenza: in che modo la famiglia o la scuola possono offrire gli strumenti giusti per superare gli ostacoli?

L’arte è un mezzo di comunicazione potentissimo e importantissimo. Io sono oralista, ovvero parlo la lingua dei segni italiana, LIS, verbalmente, attraverso la lettura del labiale, ma la mia principale comunicazione avviene con la danza. Quando ballo, non solo posso essere me stesso, ma posso anche arrivare alle persone attraverso un linguaggio universale: quello delle emozioni.

Credo in un mondo inclusivo, di vera inclusione, poiché troppo spesso se ne parla, ma ancor più raramente si applica. Manca proprio un’educazione “all’inclusione”, ormai fondamentale per rendere questo mondo inclusivo, da ogni punto di vista. 

Purtroppo siamo ancora piuttosto indietro in questo processo, poiché mancano proprio gli esempi di inclusione in ogni campo: in famiglia, a scuola, a lavoro, nelle passioni, nella società.

Siamo in un periodo storico complesso e ovviamente tale complessità si riflette sulla società, creando situazioni più o meno complesse: anche le scuole di danza stanno confermando ciò. Partendo dalla tua esperienza, la danza come può essere trasformata in terapia per l’anima? Potrebbe essere la chiave per riprendersi dalla crisi post pandemica?

Siamo una società basata su etichette, che troppo spesso non sono reali. Ad esempio, nella danza si parla sempre di corpi danzanti, di canoni fisici da rispettare, dei limiti entro i quali si ha la possibilità di essere accettati. 

La vita mi ha insegnato ad abbattere queste barriere, a non vedere ciò che manca, ma a trasformare e far brillare le nostre qualità giorno dopo giorno. Non dovrebbero esistere limiti di alcun genere, anzi non devono esistere.

La danza è per chi sa amarla, la danza è per chi crede nella sua magia, al di là di un mancato udito o di un corpo diverso.

Ci insegnano che siamo tutti diversi e unici, però ci vogliono tutti uguali e monocolori.

La verità è che siamo sfumature di colori sempre diverse e, grazie alla danza, tutto questo è percettibile. Viviamo in un periodo storico difficilissimo e delicatissimo sotto ogni punto di vista, per questo invito a cogliere la potenza dell’arte, poiché è sempre una chiave per cogliere e vivere la vera bellezza della vita.

I tuoi prossimi progetti?

Il mio progetto futuro è quello di aprire un centro culturale e di spettacolo, una sorta di galleria dove i dipinti sono corpi che danzano, dal contemporaneo all’urbano, dalla classica al freestyle, senza nessun limite! Un centro di vera inclusione per tutti, senza limiti di nessun genere, dove chiunque può aver accesso e dove chiunque potrà esprimere se stesso attraverso l’amore per la danza.

Grazie Simone, grazie perché ci hai ricordato una volta di più che “The sky is the limit”.

 

 

 

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Il circo dei pianeti: movimento, emozione, immagine ...un’esperienza educativa a tutto tondo

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L’IDA ha raccolto un’esperienza laboratoriale, condotta nelle scuole primarie dalla docente di danza classica Valentina Poggi  e l’ha trasformata in un testo di esercizi psicomotori indirizzati a bambini dai 6 agli 8 anni.

Il percorso tracciato segue uno sviluppo narrativo avvincente. Attraverso il viaggio fra i pianeti del protagonista Emanuele e della sua navicella i bambini possono esplorare l’uso dello spazio, il campo visivo, il ritmo e la qualità dei gesti, il tutto accompagnato dall’indagine emotiva, punto di partenza per ottenere il massimo coinvolgimento degli allievi stessi.

La volontà di IDA nell’aggiungere questo testo alla sua già folta biblioteca didattica nasce per fornire ad insegnanti di danza, educatori e docenti una traccia di lavoro per impostare laboratori di danza creativa, lezioni di propedeutica alla danza e performance teatrali ad hoc per i bambini.

A sostegno degli spunti pedagogici contenuti nel testo sono state inserite delle illustrazioni frutto di un progetto di collaborazione scuola lavoro fra IDA e il Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna.

Il Prof. Giuseppe Marino ha guidato gli studenti con grande professionalità nel loro primo passo nel mondo del lavoro.

Abbiamo intervistato Asia Montanari, 18 anni. La studentessa, sebbene giovanissima, ha dimostrato grandi doti organizzative nel pianificare il lavoro assegnato e nel coordinare i compagni.

Ciao Asia, raccontaci un po’ questa esperienza…

È stata un’iniziativa che mi ha elettrizzata da subito, perché finalmente mi è stata data l’occasione di mettermi alla prova progettando per un committente serio  e qualificato come IDA , rispettando tempi e direttive professionali.

Un bel banco di prova, ma quali sono stati per te gli ostacoli maggiori?

È stato complicato inizialmente organizzare il tempo da dedicare allo studio e quello da riservare alle illustrazioni del Circo dei Pianeti ma credo che ne sia valsa davvero la pena!

Come hai reagito quando il Prof. Marino ti ha consegnato la copia del testo stampata?

Non ci volevo credere, un risultato sorprendente per essere il mio primo impatto nel mondo del lavoro al di là della scuola. Ringrazio davvero IDA per avermi permesso di esprimere il mio talento come illustratrice e chissà che un giorno possano esserci nuove collaborazioni.

Attraverso la volontà di Valentina Poggi, Il circo dei pianeti è riuscito a contagiare in prima battuta i bambini protagonisti dell’ esperienza laboratoriale nelle scuole primarie e le loro maestre, in seguito le famiglie, testimoni della performance conclusiva del ciclo di incontri. Un appuntamento molto sentito da tutti, nel quale i bimbi hanno mostrato l’intera dimensione educativa nel quale sono stati immersi, accrescendo competenze affettive, emotive, corporee, cognitive e relazionali. Una narrazione che si è fatta ascolto e creazione, viaggiando fra i pianeti.

Anni dopo, il progetto è tornato a vivere, coinvolgendo gli studenti del Liceo Artistico nella dimensione artistica del disegno.

Non è così scontato che il mondo della danza e il mondo della scuola possano annusarsi, toccarsi e scambiarsi competenze, Il circo dei pianeti è senz’altro un’esperienza positiva che può far conoscere i professionisti della danza nel mondo delle istituzioni scolastiche e aprire collaborazioni e scambi dai quali tutti ne escano arricchiti.

 


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La danza nei progetti scolastici 

Webinar in diretta live

Sabato 10 settembre | dalle 10:00 alle 13:00

danza scuola

Come creare un programma adatto ai progetti scolastici che abbia un senso pedagogico funzionale e che induca i bambini al desiderio di danzare?

Ce ne parleranno l’insegnante di danza e coreografa Silvia Ardigò e Valentina Poggi insegnante di danza che illustrerà il progetto di danza creativa Il circo dei pianeti creato per le prime classi della scuola primaria.

 

 

 

 

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Raffaele Paganini: “I giovani meritano tutta la nostra attenzione”

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Abbiamo incontrato Raffaele Paganini a Danzainfiera circondato dall’affetto di ragazzi che lo “inseguivano” per una foto con il Maestro, e lui, come solo i grandi sanno fare, si è donato senza alcuna remora. 

Classe 1958, Raffaele Paganini a soli 19 anni è diventato Primo ballerino e poi Etoile della Compagnia di Balletto del Teatro di Roma e da allora ha iniziato un percorso artistico che lo ha portato a calcare i più prestigiosi palcoscenici in tutto il mondo.

Raffaele hai appena insegnato in una master class per giovani, come ti rapporti con loro?

Io mi sono da sempre dedicato ai giovani, anche grazie alla mia esperienza. Ho iniziato infatti abbastanza tardi, verso i quattordici anni, perché sono stato inserito in un corso di soli maschi, con età varie (ero insieme anche a bambini di sette anni) che era stato pensato per favorire l’entrata di più maschi nel Corpo di Ballo dell’Opera di Roma. Mio padre, ballerino, mi obbligò ad entrare con mio fratello ma io non volevo, il mio sogno era quello di diventare uno steward. Da quel corso, durato quattro anni, sono usciti poi grandi talenti come mio fratello Alfonso, Mauro Bigonzetti e Mauro Marozzi. 

La mia è stata un’esperienza che mi ha fatto esplorare dentro perché, iniziando gli studi di danza tardi, ho fatto molti sacrifici per raggiungere il livello dei miei compagni di scuola. L’insegnamento me lo sono portato dentro quindi come vocazione mentre, lo ammetto, non mi sento affatto un coreografo: mi sono sempre sentito un’insegnante e mi rivolgo ai giovani perché ho un’esperienza da condividere. 

E quando hai pensato che era giunto il momento di diventare “solo” insegnante? 

Credo che ogni periodo abbia il suo momento. Sui 36/38 anni ho sentito l’esigenza di smettere di fare il repertorio e ho voluto lasciare spazio ai giovani più adatti a ricoprire quei ruoli. Io non mi sentivo più a mio agio ma, ovviamente, questo era il mio punto di vista. Ho creato una mia compagnia e poi, quasi per caso, grazie a Saverio Marconi, ho iniziato a fare il musical. Per dedicarmi ai giovani ho poi aperto una mia scuola di danza e, in seguito, ho abbandonato la compagnia perché c’era troppa burocrazia per quello che mi riguarda. Oggi invece non ho più la mia scuola di danza e giro in tutto il mondo per insegnare.

E ora in quali contesti insegni?

Mi muovo spesso tra l’Italia e l’Estero e mi spinge proprio l’idea di darmi ai ragazzi e non ai professionisti perché mi sento più a mio agio con loro. Tengo tantissime masterclass proprio con questa idea di educare alla danza e non solo alla tecnica.

Per te formare un giovane ballerino cosa rappresenta quindi?

Significa formare nel mondo della danza a tutto tondo, per me è importante far conoscere anche la storia della danza e la tenuta del palcoscenico; la tecnica nella danza non è l’unica qualità per un ballerino che voglia fare della danza classica la propria vita.

Pensi che la danza classica sia il cardine della formazione, tu che hai interpretato dai balletti di repertorio ai musical?

Per me la danza è tutta. Credo solo che la danza classica sia tra le discipline più efficaci e sia un mezzo fondamentale per perfezionarsi.

Dei tuoi insegnamenti cosa vorresti che rimanesse ai tuoi giovani allievi?

Vorrei trasmettere molta fiducia perché sono sicuro che la danza possa risollevarsi e che si possa continuare con l’idea di creare bellezza e non con la sola idea di avere fama e successo. Io lo dico sempre: la popolarità non va sempre di pari passo con la bravura. A me, ad esempio, la popolarità è arrivata davvero per caso. Io e Oriella Doriella siamo stati chiamati da Valeria Ottolenghi con l’idea di un esperimento: portare la danza classica in televisione. L’esperimento andò fortunatamente bene ma non era affatto scontato che il tutto funzionasse.

Mi ha colpito la grande generosità che Raffaele Paganini riserva nei confronti dei giovani e quello che ci ha confidato poco prima di terminare l’intervista: “la danza dal vivo ha bisogno dei giovani e in questi due anni sono stati proprio i giovani a soffrirne di più e si meritano tutta la nostra attenzione”. 

Si ringrazia l’Accademia di musica e danza Giuditta Pasta di Como per la gentile collaborazione per l’intervista.

 

 

 

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Stili del balletto, metodi e tecniche: il metodo Vaganova

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Molto spesso si afferma e si confonde il termine stile con il termine metodo che, invece, sono due aspetti completamente diversi ma complementari. Lo stile è il marchio di una determinata scuola, è la scelta dei mezzi espressivi che costituiscono l’impronta peculiare di una scuola, della personalità di un autore/pedadogista. Il metodo è invece un processo strutturale che segue criteri sistematici in funzione di uno scopo ed è composto da un sistema organico di principi nel quale la disciplina viene sviluppata in modo graduale soprattutto sotto forma di esercizi, in modo da facilitarne l’apprendimento.

In tal senso la grande pedagoga Agrippina J. Vaganova (1879/1951) ebbe la capacità di assorbire le metodiche di maestri provenienti dalle maggiori scuole europee che fino ad allora avevano avuto il primato didattico e coreografico: la scuola francese, la scuola italiana e la scuola danese, e sviluppare una feconda analisi pedagogica di ristrutturazione della Scuola Coreografica fondata nel 1738 consolidando nel tempo una propria didattica e una personale impronta stilistica.

Il merito di Vaganova è stato quello di analizzare in modo dettagliato e decomporre nei singoli elementi tecnici tutti i passi della tradizione accademica delle tre maggiori scuole enunciate sopra elaborando un sistema pedagogico caratterizzato da un crescendo di difficoltà tecnica e di complessità compositiva che prevedeva otto anni di studio. 

Questa elaborazione metodologica, assolutamente sistematica ed esauriente, costituisce la base solida di uno studio progressivo in relazione all’età e al livello di sviluppo psico-fisico. Il suo metodo conferisce organicità e coerenza sul piano didattico e stilistico, mettendo in evidenza l’importanza del centro del corpo (il bacino) dal quale si originano tutti i movimenti; crea un nuovo linguaggio per un corpo forte, potente, sicuro, una base solida che consente al danzatore e al suo corpo di acquisire (metodo) ed eseguire (stile) con facilità, destrezza maggiore armonia nei movimenti ed espressività artistica. 

Quindi, sintetizzando, il metodo e lo stile di una scuola, traggono origine dalla tradizione ma soprattutto dalla personalità dell’autore/pedagogista che ha sistematizzato una propria visione di metodo organico derivato da proprie esperienze formative e artistiche che lo ha portato inevitabilmente ad uno stile proprio in cui si delinea una “scuola”.

Prendendo in esame il metodo Vaganova, la scuola si è formata attraverso l’analisi scientifica della fluidità nei movimenti delle braccia proprie dei francesi e la bravura nei giri e nei salti degli italiani.

Quali criteri pedagogici hanno influenzato la Vaganova nella sistematizzazione del suo metodo e dello stile? 

Del metodo e stile italiano sicuramente la logica pedagogica e di metodo è stata maturata attraverso la conoscenza diretta del metodo d’insegnamento di Enrico Cecchetti mutuando in particolare i principi tecnici del suo “sistema dei giorni della settimana”, ovvero la ripartizione degli esercizi in una periodizzazione ciclica settimanale cambiandone in modo graduale l’intensità dello sforzo giorno dopo giorno, in maniera equilibrata e secondo una precisa logica didattica, sviluppandone gradualmente la fluidità, l’ampiezza e l’armonia del movimento, la purezza delle linee, la forza, la stabilità, la coordinazione e la velocità. 

Del metodo e stile danese, da August Bournonville a Christian Johansson, di cui è considerato uno dei capiscuola dello stile e della tecnica bournonvilliana in Russia, la Vaganova ha analizzato e studiato qualità fisiche come bellezza, vigore, leggerezza, vivacità, musicalità; qualità intellettuali come gusto, perseveranza, immaginazione e qualità artistiche come grazia, morbidezza, “aplomb”, elasticità e precisione. 

Appare chiaro che Vaganova affini il suo metodo attraverso l’analisi dei movimenti eseguiti duranti le lezioni di Johansson, in particolare l’estrema purezza stilistica: eliminazione di ogni parvenza di sforzo e uno sviluppo della fluidità, dettate dalla scuola francese di August Vestris.

In sintesi, quando parliamo di metodo Vaganova dobbiamo ricordare che è un metodo scientifico perché nasce da un’attenta analisi, sperimentazione, ricerca, ma soprattutto da un’attenta riflessione critica su se stessa e la sua formazione didattica e artistica.

 

Bibliografia:

Danza  - a cura di Donatella Ferrara - Ed. Mediterranee

Basic principles of Classical Ballet - Dover Publications

Storia della danza e del Balletto - Alberto Testa - ED. Gremese

 

 

 

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Terapia della danza: l'arte al servizio della salute mentale

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Negli ultimi decenni la salute mentale di giovani e meno giovani, è tema di discussione quotidiana negli studi medici, ma anche nei salotti dei politici.

Due anni di pandemia hanno sicuramente lasciato il segno e per molti anni osserveremo conseguenze sul piano sociale e relazionale.

Anche la notizia del “bonus psicologo” ha tenuto banco nelle redazioni, online e offline, ma, senza soffermarci troppo su questo aspetto, sapere che la necessità di un sostegno psicologico sta diventando uno dei bisogno primari sta dando a molti un importante o, forse, ingombrante motivo di riflessione.

Tra questi ci sono gli educatori che, nei giovani e tra le persone che vivono in condizioni svantaggiate, vedono riflesso questo malessere generale, questa crisi economica e soprattutto psicologica.

Si parla spesso di salute mentale, troppo spesso senza davvero riflettere sulla sua importanza, ritenuta fondamentale per la salute dell’individuo (citando l’OMS): l’aumentare dell’età, delle responsabilità è da sempre direttamente proporzionale al peggioramento della salute mentale, ma in questi ultimi due anni purtroppo questo dislivello si è appiattito, poiché anche il benessere psicologico dei giovani sta venendo meno.

Proprio qui entrano in gioco e acquisiscono un ruolo vitale i luoghi di aggregazione (extra scolastici).

Parliamo spesso di quanto le scuole, i centri ricreativi, l’arte in sé possa o debba essere al centro di progetti di tutela e recupero della salute, ma oggi tutto ciò va oltre alle semplici chiacchiere.

In un mondo dove situazioni si mischiano continuamente, dove spesso le criticità superano notevolmente le gioie, dobbiamo riconoscere che forse, ogni giorno un pochino di più, l’arte, la cura del bello, la gentilezza e l’eleganza stiano evolvendo in strumenti concreti, nelle mani di persone che portano sulle spalle il “peso della felicità”  di intere generazioni.

Non diremo assolutamente nulla di nuovo parlando di Dance Therapy, la danza intesa come “cura dell’anima”, uno strumento così potente da essere arrivato persino nelle carceri indiane.

È di pochi giorni fa, infatti, la notizia che nel carcere di Puducherry, in India, sia stata inserita la danza, nel programma di recupero per i carcerati, in particolare per chi è sottoposto al regime di “carcere a vita”: se inizialmente l’attività era vista dai detenuti come “poco interessate”, in poco tempo è diventata una delle attività più amate. La danza come attività di recupero, la danza come terapia per il corpo e per la mente: i miglioramenti sono stati da subito evidenti, portando ad un calo drastico dei livelli di stress.

Tra i carcerati c’è chi ammette che poter svolgere questa attività ha contribuito a rendere le giornate più leggere e la testa più libera dai pensieri, permettendo un miglior sonno anche a persone che per anni hanno dovuto fare i conti con l’insonnia. 

In India, dove le prigioni sono spesso sovraffollate, il primo passo per il recupero psicofisico dei carcerati è stato fatto ed è passato proprio attraverso la danza, con la conferma del successo in termini di salute e benessere, nonostante il contesto di vita sicuramente non facile.

Ciò che non può e non deve passare in secondo piano è la naturale propensione della danza a unire, a porre l’essere in una dimensione di condivisione, fondamentale nel superare situazioni statiche, dove la cosa più facile sarebbe isolarsi dal mondo.

L’esempio del carcere indiano è sicuramente estremo, ma è molto più efficace di altri nella dimostrazione che la danza può superare barriere.

La Dance Therapy non nasce oggi e non nasce in risposta alle problematiche attuali, ma nasce come intuizione, come parte di un discorso più ampio che vede la danza come un mezzo di comunicazione attraverso il quale il corpo può rendere concrete le emozioni del singolo individuo, compresa ovviamente la sofferenza.

La danza diventa così terapia, diventa il collegamento principale tra anima e corpo, tra le due dimensioni dello stesso “io” ed è l’elemento di connessione tra corpi che si muovono nel medesimo spazio. Questa è la funzione terapica della danza: alleggerire il rapporto duale tra anima e corpo, con conseguente propensione alla relazione con l’altro, con l’amico, con la famiglia, con le persone che in un modo o nell’altro entrano nella nostra sfera di influenza.

Oggi, in questa vita iper connessa, la pandemia ha portato a nuove condizioni di solitudine, ha visto la crescita esponenziale di persone che necessitano di tranquillanti e antidepressivi per riuscire a riposare e a superare lo stress mentale (dati ISTAT) e ci ha fatto scoprire deboli di fronte alla narrazione di sé e della propria storia. In questo processo la danza terapia si può ritagliare un ruolo di primo piano a 360 gradi: sostenendo i giovani adolescenti nella costruzione della propria persona in relazione al mondo esterno (con il quale, a quest’età, è sempre difficile dialogare), permettendo agli adulti di trovare nuove strategie per riprendere in mano la propria vita dopo lunghi mesi caratterizzati spesso da situazioni di disagio, aiutando gli anziani a superare le paure proprie della terza età.

La Dance Therapy ha origini nel secolo scorso, grazie a danzatrici come Isadora Duncan e Marian Chace, portatrici di una nuova concezione della danza, liberata dall’elitarismo accademico, che l’aveva caratterizzata fino a quel momento: queste danzatrici cominciano ad acquisire consapevolezza sulle finalità terapeutiche della danza. Una danza che aveva superato la mera finalità estetica e aveva acquisito nuovi fini a livello di espressività di corpo e anima: nasce qui la Dance Therapy, frutto anche del coincidente sviluppo della Modern Dance e delle scoperte scientifiche in ambito psicanalitico. 

La Chace, lavorando con persone con bisogni particolari, si rese conto dell’entusiasmo dato dalla danza, nonostante la mancanza di capacità tecnica, e cominciò ad approfondire il potere del linguaggio del corpo, la cui forza comunicativa diventava fondamentale per coloro che faticavano a esprimersi in altri modi. La danza diventa un mezzo di comunicazione non verbale di primaria importanza.

Lo sviluppo e la diffusione della Dance Therapy varia a seconda di situazioni e contesti, sicuramente in USA trova più spazio, mentre in Europa si è cominciato a lavorare su questi percorsi terapici recentemente. Di sicuro interesse l’interdisciplinarietà caratterizzante questo percorso terapico: maestri di danza hanno iniziato a collaborare con psicologi e psichiatri per trovare una chiave di lettura dei diversi comportamenti.

Gli approcci sono vari e diversificati, sicuramente applicabili a situazioni particolari, ma sempre e comunque legati al rapporto tra corpi e tra corpo e spazio. Nonostante i diversi approcci, nei decenni si è reso evidente quanto la Dance Therapy abbia effettivamente supportato persone ad alleviare sofferenza psicofisica e a superare condizioni di autoisolamento.

Oggi più di ieri questa terapia può avere un impatto potentissimo nella ripresa post pandemica per questo e educatori dei vari settori possono essere portati, insieme ad altri professionisti (quali psicologi e psichiatri), a indagare, attraverso la danza, il malessere per giungere a nuovi percorsi curativi fino a oggi poco battuti, giungendo a costruire una danza adatta a ogni corpo, espressione delle emozioni di ciascuno di noi.

 

 

 

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