La danza è tecnica ma è anche fiducia e contatto con l’altro: è “sentire” chi danza vicino a noi ed è creare una sinergia con il gruppo che porta una nuova energia sia al singolo danzatore che a tutto l’ensemble. Questa energia è scaturita nelle sale Ida non da una coreografia di gruppo ma dall’incontro di Luca Tramonti con la sua insegnante, Linda Ricci.
Luca ha 22 anni ed è affetto da autismo e la danza per questo ragazzo è diventata un nuovo canale per esprimersi perché per Luca comunicare è veramente un compito arduo. La sua malattia infatti fa fatica a farlo entrare in relazione con le altre persone, specie in ambienti che non gli sono familiari.
Linda Ricci, performer, danzeducatore e insegnante, ha costruito su di lui un percorso mirato e focalizzato solo sulle funzionalità del corpo e si è dovuta confrontare, specie nei primi incontri, con alcune problematiche tipiche dell’autismo (alterazioni della coordinazione motoria, comportamenti ripetitivi e schematismo mentale); ma anche ha capito da subito come qualsiasi corpo abbia un suo canale preferenziale ed è proprio lì che un insegnante può insinuare nell’allievo un nuovo modo per comunicare.
Giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, Luca si è affidato completamente a Linda e il dialogo tra insegnante e allievo in questo percorso non arriva, come accade nelle lezioni tradizionali, con le parole, ma dimostrando da entrambi le parti una fiducia completa. Chiaramente ci è voluto un po’ perché Luca si calmasse e cominciasse a godere di questo momento dedicato solo a lui; si è dovuto prima sentire a casa con piccole “ancore” create nello spazio e trovare da solo, e non senza difficoltà, un modo per calmarsi ed entrare in una routine che con il passare del tempo ha considerato propria. Luca poi ha anche i muscoli spesso contratti e a volte il suo corpo non reagisce come si vorrebbe; per questo anche una posizione a contatto con la terra, sdraiato, evoca in Luca la caduta o il sonno: va quindi stimolato in modo che il suo corpo ricordi una nuova modalità legata a quella posizione e ad un nuovo punto di vista diverso dalla solita emozione.
Linda da quando porti avanti il lavoro con Luca e con quali modalità?
Lavoro con Luca da 3 anni ogni settimana per un’oretta. Abbiamo anche trovato con sua mamma un orario che fosse adatto alle sue esigenze, alle 13.45 dopo aver finito la scuola e aver mangiato. Studiando questo percorso personalizzato mi sono dedicata in particolare alla sua catena muscolare posteriore che in Luca è corta e, utilizzando le tecniche Laban, lavoro su macro temi come tirare e spingere, più o meno spirale, grandi e piccole rotazioni, girare e saltare. In ogni lezione valuto poi come va in quella giornata, se Luca è giù mantengo la calma, senza affaticarlo di testa, osservo l’attenzione mentale e la stanchezza fisica e semmai amplifico; lo osservo molto per creare sempre di più una lezione su misura per lui. Ho capito ad esempio che il trampolino e piccoli attrezzi gli fanno superare le paure e diventano una sicurezza per lui e ho visto che quando fa la capriola ha gli occhi gioiosi, oppure vedo che fa fatica quando va su e giù dalla spalliera.
In che modo hai mantenuto un rapporto amicale con Luca e al tempo stesso tempo sei riuscita a mantenere il distacco tipico dell’insegnante?
In questo senso è proprio Luca che mi ha guidato, è lui che mi ha dato un ruolo di facilitatrice: questo ruolo lo mette a suo agio, non lo mette sotto pressione, lo aiuta a giocare. Per questo, per quanto possibile, cerco anche di accettare le sue proposte perché mi fa capire che c’è un impronta che gli è rimasta e che vuole riproporre. Ad esempio ora, perché si ricorda di essersi divertito, mi chiede di riproporgli di nuovo qualche gioco perché lo vuole riproporre a sua volta a casa con sua mamma. Anche se in modo inconsapevole Luca ora utilizza il suo corpo in modo nuovo e si diverte perché il suo corpo reagisce alle sollecitazioni riuscendo a stabilire un nuovo contatto fisico e umano attraverso il movimento e il gioco.
Come sta continuando questo percorso? E fino a quando pensi che potrà durare?
Credo che questo sia un lavoro che si possa portare avanti anche a vita, serve a lui che utilizza anche il corpo come un veicolo e a me che a ogni lezione cresco sempre di più. Ovvio che per lui la memorizzazione è lenta, ma anche la routine permette di scavare e andare in profondità e spero quindi che Luca non scappi mai dal suo corpo, che anzi lo accolga per utilizzarlo in maniera diversa. Per esempio poco tempo fa Luca mi portava i brani del Festival di Sanremo e su quelle canzoni montavamo una coreografia base e lì per lì se la ricordava: anche la danza quindi è un modo per attivare la sua memoria mentale.
La danza intesa come movimento e possibilità di contatto con il corpo altrui permette una conoscenza e una consapevolezza che è di estrema sensibilità. Il movimento lascia andare la mente in un altro universo e crea connessioni anche quando non ne siamo pienamente consapevoli e in questo modo un abbraccio, una carezza o un semplice passo di danza possono diventare i motori per una maggiore conoscenza sia del nostro corpo che di quello degli altri.
Grazie alla potenza della danza nelle sale Ida si è aperta dunque una nuova relazione con chi è affetto da autismo e questo percorso ha dimostrato quanto sia importante che vengano aiutati e sostenuti progetti di questo tipo, rivolti in particolar modo a ragazzi e adulti perché poco presenti rispetto alle progettualità per i bambini e perché, come ci ha raccontato la mamma di Luca, Marina Montanari, sempre economicamente sostenuti dai familiari.
Progetti come questi aiutano a vivere meglio chi è affetto da questa malattia, che sì isola le menti ma non i corpi che possono così aprirsi al mondo grazie alla conoscenza e alla fiducia incondizionata.
Foto di Federica Navarria
Raymond è nato in Nigeria ma vive in Italia da quando ha compiuto cinque anni. Oggi ha 23 anni e ci parliamo durante una giornata densa di numerosi impegni.
Come è iniziata la tua passione per l’hip hop?
Già da piccolo ascoltavo musica hip hop e mi piaceva quella danza e quella cultura, poi a 14 anni ho cominciato ad apprezzarne anche lo stile, l’abbigliamento e ho iniziato a frequentare una piccola scuola di danza in provincia di Roma, per poi continuare alla Bounce Factory Dance Studio di Roma.
Perché a un certo punto hai deciso di andare in America?
Sono andato in America verso i 19 anni alla ricerca del vero hip hop e per creare legami e collaborazioni, ma senza essere per niente conscio di quello che volevo veramente: all’epoca non pensavo affatto che la danza sarebbe potuta diventare un lavoro… il mio lavoro. Sono rimasto in America per un paio di mesi dove ho studiato molto e, avendo vissuto questa esperienza in modo molto positivo, sono tornato diverse altre volte per approfondire nuovamente lo studio dell’hip hop americano, fondamentale per capire a fondo questo stile.
E nel tuo modo di danzare cosa c’è della cultura hip hop americana?
E’ stata una fortuna studiare in America con insegnanti come Ian Eastwood, Brian Puspos, Jun Quemado, Bam Martin, Anthony Lee, Vinh Nguyen e Shit Kings perché mi hanno aiutato a stare al passo con i tempi e mi hanno fatto pensare all’hip hop con vedute più larghe senza più limitarmi a quello che avevo imparato altrove.
Passo dopo passo ho cominciato poi a prendere più fiducia in me stesso creando il mio personale stile, che poi altro non è che un’elaborazione personale di tutte le mie esperienze.
Che cosa stai progettando per il tuo futuro e cosa stai portando avanti nel tuo presente?
In diverse scuole di Roma ho progetti con crew composte da ragazzi tra i 15 e i 23 anni, che sto cercando di portare in giro tra l’Italia e l’Europa.
Oltre a creare le coreografie spesso danzo con loro, ma essenzialmente cerco di creare per i ragazzi che “ci vogliono provare” nuove occasioni.
E cosa consigli ai ragazzi che, come dici tu, “ci vogliono provare”?
Utilizzo queste occasioni di esibizione per dare tanti consigli ai ragazzi coinvolti, li sensibilizzo al creare e ad essere artisti attraverso il proprio corpo, le proprie mani, la propria personalità e credo che l’esperienza di stare insieme e avere maggiori spazi in cui condividere li possa ispirare maggiormente.
Secondo te quali sono le tendenze interessanti che stanno emergendo in Italia per quanto riguarda l’hip hop?
Purtroppo credo in Italia l’hip hop sia sempre un po’ di rimando dalle tendenze americane e che quindi qui, anche se assistiamo a nuove tendenze, credo che non ce ne siano destinate a rimanere nella storia. Sono piuttosto mode passeggere: mi sembra che tutto torni.
Per questo ogni giorno sempre di più, cerco di seguire la mia strada. Ed è anche quello che cerco di consigliare ai ragazzi a cui insegno: essere sempre se stessi per dar vita ad uno stile unico che sia la somma delle proprie esperienze.
Salutiamoci con qualche consiglio che ti senti di dare ai ragazzi che frequentano lezioni di hip hop?
Aprire la mente, non fossilizzarsi su uno stile, condividere un pensiero proprio, aprirsi ad altri progetti, altre situazioni, non coltivare il proprio orticello nella propria scuola ma aprirsi ad ogni nuova frontiera.
Abbiamo conosciuto Marta Molinari, danzatrice professionista di soli ventitre anni, durante la quindicesima edizione di Danza in Fiera dove la aspettavano una schiera di ragazze e ragazzi pronti in fila per scattare un selfie, chiederle un autografo e per ringraziarla delle parole che dispensa con grande sincerità e umanità nella loro vita quotidiana: Marta è infatti molto seguita sui social soprattutto per le riflessioni che accompagnano le sue foto e i suoi video.
“Sono di Padova, ho avuto una famiglia che non credeva molto nella danza però sono riuscita a farmi notare da grandi maestri frequentando stage e vincendo borse di studio grazie alle quali sono andata anche al Royal Ballet. Dopo quella esperienza uscì un bando di concorso per il Corpo di ballo dell’Arena di Verona e ci ho provato… Da lì è iniziato un po’ tutto e sono riuscita a fare della danza il mio lavoro. In seguito sono stata notata dal Corpo di ballo del Teatro Nazionale di Maribor in Slovenia dove mi hanno chiamata per farne parte, attualmente lavoro invece con il Chrono Ballett Company di Verona”.
Marta ci tiene tantissimo a sottolineare che non è soltanto una danzatrice ma anche una studentessa che riesce ad avere buoni risultati pur se ammette che fatica di più di uno studente “normale”; ci racconta infatti che è stata una sfida con se stessa ma che ha sempre amato essere attiva a 360° e così con una motivazione davvero fortissima: “mi sono iscritta all’università e mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’ Eneide e sul passaggio sulle Arpie e i Ciclopi. Ho intenzione di proseguire anche con la laurea magistrale e credo che se ci si impegni non si debba per forza scegliere tra l’arte e lo studio e che, se lo si vuole veramente, si può ottenere tutto”.
Da dove invece è arrivata la tua passione per i social?
“É nata qualche anno fa. Mi piaceva postare delle foto e dei video ma sempre con correlate delle riflessioni, non mi piacevano quegli artisti che proponevano solo foto sterili di vita quotidiana: volevo far capire con riflessioni perché avessi postato un contributo piuttosto che un altro. Poi ho notato che questa nuova formula stava crescendo con il tempo e ho capito che quello che avevo da comunicare cominciava a piacere”.
Gestire un account Instagram di successo non è uno scherzo per Marta ed è diventato oramai un lavoro che le porta via 4/5 ore al giorno (un paio d’ore per produrre foto e un altro paio d’ore per rispondere ai contenuti, ai messaggi e alle mail dopo la pubblicazione dei post).
“Ho la fortuna di avere vicino di casa uno zio fotografo non professionists. La foto che di solito voglio non arriva subito, dietro ad ogni scatto e ad ogni posa, c’è un messaggio specifico e, proprio perché seguita da tanti ragazzi, non voglio far passare messaggi o posture errate. Per la creazione delle foto mi piace molto scegliere l’outfit giusto seguendo la moda e cercando non il singolo movimento di danza ma quel gusto simmetrico che riporta alla bellezza dei canoni estetici tipici dell’arte classica: in generale mi piace poi far trapelare lieve ironia, eleganza, misura e posatezza”.
Quando hai capito che il tuo messaggio stava finalmente passando così come te l’eri prefissato?
“Pian piano hanno cominciato ad arrivarmi diversi messaggi privati e da questi trapelavano che i miei “seguaci” leggevano finalmente anche quello che scrivevo. Grazie alla frequenza delle pubblicazioni oltre ai like ho cominciato a ricevere tantissimi commenti in calce alle foto e ai video. Poi mi hanno contattata aziende e si è innescato un meccanismo promozionale e di guadagno, e se la fatica viene ricompensata anche dal punto di vista economico… ben venga”.
Marta ci racconta che i suoi principali followers sono principalmente ragazzi tra gli 11 e i 18 anni ma la seguono anche fan che arrivano fino ai 24 anni, donne più mature sui 30 anni che da piccole facevano danza e ragazze che seguono altre passioni o altre discipline (come ad esempio il karate).
E se qualcuno dei nostri lettori volesse seguire la tua strada sui social cosa ti sentiresti di consigliare?
“Scegliere un determinato pubblico con un’età ben definita e capire se si intende rivolgersi a professionisti o ad amatori: non bisogna pretendere di abbracciare tutta la comunità. Consiglierei poi di lanciare sempre e comunque un messaggio di positività e di grande forza”.
Oltre alla tua attività di danzatrice e di studentessa da qualche anno ti dedichi anche all’insegnamento, come vivi questa esperienza?
“Prima ho insegnato agli adulti e poi ai ragazzi: mi piace svelare e trasmettere agli allievi qualche segreto del mestiere e poi questo lavoro mi ha aiutato a rendere di più anche sul palco perché lo affronti con una nuova consapevolezza. E quando trovi il tempo per dedicarti anche all’insegnamento? “Tengo i corsi in orari serali (tra le 18.30 e le 22) dopo essere stata in compagnia per l’allenamento e le prove”.
Ma tra prove, spazio dedicato ai social, insegnamento e studio trovi un po’ di tempo solo per te?
“Quando sono occupata sono molto felice e non potrei chiedere di più, la calma e la tranquillità mi uccidono; infatti in questi tempi di stop forzato dovuti al Corona virus è davvero dura per me anche se l’ho presa con ironia costruendo sui social una cronistoria della mia quarantena. All’improvviso mi sono trovata con pochi lavori, mi alleno a casa da sola e sono molto rattristata, ma cerco di andare avanti”. La fa andare avanti il sostegno dei suoi fan che le confidano: “grazie di aver scritto perché oggi non ce la faccio”. Marta ci racconta come, specie in questo periodo, ci sia tanto bisogno di rubare un sorriso quotidiano essendo se stessi e con grande positività. Ogni giorno ringrazia la tecnologia con cui ha un rapporto di grande amore perché i suoi fan le danno sollievo e le tengono compagnia e le permette di proseguire i miei studi anche a distanza.
E per l’amore trovi il tempo necessario?
“Ho poco tempo, però mi sono accorta che non fanno per me le relazioni con i colleghi universitari perché non conoscono e comprendono le dinamiche e le esigenze della mia vita così piena: chi sta con me deve comprendere la mia vita e per questo ho sempre avuto come compagni danzatori o musicisti che capiscono come l’arte sia una passione totalizzante.”.
L’estate è una stagione di grande diffusione degli spettacoli di danza che da sempre hanno animato piazze e arene con palchi che ricreassero la magia del teatro al chiuso, da diversi anni la tendenza è però quella di ospitare spettacoli di danza in location inusuali e direttamente su strade, piazze e, in particolare nell’ultimo decennio, anche a contatto diretto con il suolo naturale e spesso in versione itinerante, mutuando una pratica che era utilizzata esclusivamente nell’ambito dell’arte e della creatività contemporanea con interventi pensati e inseriti in un preciso luogo, ovvero site specific. Queste creazioni di danza si sono sviluppate in modo nuovo interagendo con l’ambiente circostante, riferendosi agli aspetti dell’identità del luogo dalla storia all’architettura, dalla struttura spaziale alla cultura e diventandone parte integrante. Oltre a questa connessione con il luogo con le performance site specific si crea una connessione diversa anche con lo spettatore che viene coinvolto in modo più diretto ed esclusivo aprendo maggiori opportunità di scambio, comunicazione e di espressione sia per i performer che per il pubblico.
A differenza degli spettatori che solitamente seguono la danza a teatro lo spettatore di questo format non si trova infatti ad aspettare passivamente la successione delle scene nello stesso spazio ma può decidere da quale angolazione e da quale distanza assistere all’evento ed è in qualche modo responsabile dell’avvenimento e della stessa performance che viene creata come se fosse una scultura a tutto tondo sfruttando tutte le direzioni dello spazio e considerando più punti di vista, permettendo così allo spettatore una lettura attiva dello spettacolo di danza a cui sta assistendo.
Per tutte queste caratteristiche e anche perché spesso programmata in luoghi molto frequentati e di passaggio e perché propone al pubblico una fruizione meno formale e meno “impegnativa” rispetto al teatro tradizionale la danza in versione site specific è diventata, anno dopo anno, sempre più diffusa, seguita e popolare anche da una fetta di pubblico che in altri periodi dell’anno non avrebbe solitamente assistito a spettacoli di danza. Per andare quindi in una direzione molto apprezzata dal pubblico è sempre più frequente la tendenza di riservare nel programma di festival estivi storici come il Festival di Sant’Arcangelo, Oriente Occidente e Opera Estate Festival anche specifiche sezioni site specific.
In linea generale tuttavia le proposte in location non usuali e in modalità site specific rappresentano principalmente una proposta culturale “alternativa” ai tradizionali festival di danza all’aperto con cartelloni di grande “richiamo” dando maggiore spazio a proposte di danza contemporanea, a giovani danzatori e coreografi italiani e a proposte estere con linguaggi particolarmente innovativi.
Quali i festival italiani dove è possibile assistere a spettacoli site specific e da cui è possibile ricavare nuovi spunti coreografici? Quali le produzioni da segnalare che propongono spunti innovativi?
Tra i festival che si occupano solo di danza il capostipite del genere è il Festival internazionale di danza nei paesaggi urbani Danza urbana, diretto da Massimo Carosi, che si svolge ormai da ventitré anni a settembre a Bologna, nello stesso periodo a Ravenna si svolge l’altrettanto longevo Festival di danza urbana e d’autore Ammutinamenti diretto da Selina Bassini e Monica Francia con Francesca Serena Casadio e Giulia Melandri, nelle colline bolognesi il progetto internazionale di residenze e performance di danza contemporanea per spazi verdi Running up that hill. Esperimenti coreografici in collina diretto da Angelica Zanardi e giunto alla settima edizione.
Tra i festival multidisciplinari sono da segnalare il Festival internazionale di danza urbana e arti performative nei paesaggi urbani Città delle 100 scale che si svolge a Potenza da più di dieci anni e che per la sezione danza vede sempre la consulenza di Massimo Carosi, Attraversamenti Multipli festival crossdisciplinare dedicato esclusivamente a performance site specific che si svolge a settembre Roma, CloseUp Festival Internazionale di circo contemporaneo, danza e video diretto da Mara Serina che si svolge a Crema a settembre, Per Aspera Festival di interventi multidisciplinari contemporanei che si svolge da tredici anni a Bologna tra giugno e settembre creato dall’ Associazione alberTSTanley diretta da Ennio Ruffolo, il Faceoff - Festival di danza e musica alla settima che edizione che ospita a Matelica (Mc) performance di danza urbana curate da Roberto Lori co-direttore artistico della compagnia di danza Simona Bucci e La strada Festival nato nel 2008 e diretto da Luisa Cuttini ideato per animare il centro storico di Brescia con proposte internazionali di circo contemporaneo, musica, danza e teatro urbano.
Tra le produzioni site specific più interessanti della stagione in corso emerge il nuovo lavoro della compagnia Le supplici, diretta dal coreografo e danzatore Fabrizio Favale, che ha esplorato l’ultimo confine del site specific con il progetto de Le stagioni invisibili creato prima per la stagione estiva poi per tutte le stagioni dell’anno.
Fabrizio da dove è nata questa idea innovativa di coreografia ideata per contesti naturali, agricoli e industriali e da dove deriva il tuo interesse verso la cultura popolare arcaica?
Probabilmente dall’Italia stessa. Da questi paesaggi che hanno disegnato non a caso un certo tipo di storia, di scambi, di tradizioni, di usanze, di linguaggio, di pensiero. Anche dal senso del viaggio esplorativo visto che stiamo parlando di una penisola e del mare.
Due anni fa parlavo con Elena Di Gioia e Andrea La Bozzetta di un mio desiderio di realizzare un ciclo senza fine di performance coreografiche nei campi agricoli. Ed ecco che Elena ha immediatamente accolto l'idea, facendola diventare niente meno che una parte davvero consistente della sua programmazione Teatrale Agorà (che si svolge in tutta l'area della Reno-Galliera, nel bolognese). A Elena e al suo staff va tutta la mia gratitudine e la mia gioia di aver incontrato un direttore artistico così coraggioso. Devo aggiungere che questo progetto è realizzato con il contributo di Ater, Associazione Liberty, Fondazione Del Monte e con il premio di produzione PerChiCrea di Siae e Mibac.
Come scegli il luogo in cui ambienti le tue Stagioni?
Questo è un lavoro di squadra che facciamo con lo staff di Agorà. Normalmente ogni anno mi propongono e mi fanno visitare molti luoghi per ciascun episodio.
Io poi vado abbastanza a naso. Nella scelta tento di farmi però un disegno mentale che possa percorrere l’intero ciclo di quattro stagioni: come se dovessi realizzare una collana, seleziono luoghi in base alle differenze che presentano o alle affinità, le prospettive di realizzazione che offrono, in base a un senso del tempo e del suo scorrere, a cosa dovrà avvenire o è già avvenuto, in base alle temperature stagionali, alla meteorologia. Poi ci sono delle variabili per me irresistibili, come gli orizzonti - sia fisici che immaginari - che alcuni di questi luoghi aprono o suggeriscono, ci sono gli uomini che ci vivono o lavorano, ci sono i macchinari, gli alberi e gli animali.
Con l’episodio Estate dove hai debuttato e in che modo hai costruito questo capitolo?
L’episodio Estate 2019 del primo ciclo ha debuttato nell’Oasi di ripopolamento ecologico La Rizza a Bentivoglio (Bo), un’area meravigliosa, vasta e piatta, popolata soprattutto da uccelli acquatici e rare piante locali. L’Estate del secondo ciclo dovrebbe debuttare in luglio 2020 presso l’Impianto idrovoro di Bagnetto a Castello D’Argile (Bo), un impianto storico circondato da immensi spazi agricoli. Non so perché, ma è proprio questa stagione che dentro di me rappresenta ogni volta la chiusura di un ciclo e l’inizio di un altro… Ma non sono in grado di anticiparti di più, perché mi sono dato la regola di non pensare alle stagioni se non in quella subito imminente, che in questo caso è la Primavera.
Dal punto di vista coreografico quali azioni hai messo in campo e quanti i danzatori coinvolti?
Normalmente i danzatori sono nove. Gli episodi sono tutti diversi e sono anche eventi unici non ripetibili per cui di volta in volta il disegno coreografico si articola sulle caratteristiche del paesaggio stesso. Per me naturalmente è una sfida e anche un parco giochi, dove ogni volta mi lascio guidare in realizzazioni che altrove, in teatro ad esempio, non avrei mai intrapreso. Viceversa ne Le stagioni spesso realizzo coreografie che sarebbe impensabile riprodurre fuori dal contesto in cui sono nate. Voglio dire che spesso qui la coreografia e il luogo in cui si svolge s’intrecciano in un un’unica trama.
E che funzione ha il pubblico?
Lo spettacolo è itinerante e al pubblico viene fornita, in ciascun episodio, una mappa del luogo, con dei numeri e dei titoli delle scene che vedrà, come allo zoo o al giardino botanico. La peculiarità di questo progetto è che il pubblico condivide con i danzatori la stessa condizione atmosferica - gli spettacoli sono infatti confermati anche in caso di pioggia, temporali, vento, neve - e le stese caratteristiche del luogo, le eventuali avversità, le zanzare d’estate, il fango dell’autunno, i rovi, l’erba impraticabile, il perdersi improvvisamente. Ma è anche una scoperta quella che pubblico e danzatori fanno insieme. Spesso la vastità di questi spazi è talmente sconfinata e gli accadimenti e le presenze di uomini e animali sono talmente imprevedibili, che quelle del ciclo delle Stagioni non riesco neanche più a pensarle come performance, anzi sono in attesa di capire come chiamarle...
A causa dell’emergenza Coronavirus siamo tutti a casa… I due artisti mi confessano che si muovono solo per qualche ora al giorno per andare al lavoro e per il resto del tempo sono in casa e si godono volentieri un po’ di tempo insieme perché solitamente non ne hanno molto e che per entrambi questa emergenza sanitaria è un buon momento per riflettere sulla nostra società.
Luciano, dopo le tue numerose esperienze in tutto il mondo, come ti sei avvicinato al mondo della direzione artistica di una accademia?
Mi sono reso conto che in tanti paesi, specie nei paesi anglosassoni, lo spettacolo è visto come un’industria, mentre in Italia è sempre visto con un occhio di superiorità, come una missione, una passione, non un lavoro.
Principalmente per questo, e anche grazie al fattivo contributo e grande intuizione del produttore Fabrizio di Fiore, ho pensato a un luogo dove si potesse studiare e dove oggi un danzatore potesse avere una marcia in più, un posto dove formare danzatori che potessero lavorare con l’arte e vivere di quello.
E in che modo secondo te le scuole di danza sono altrettanto importanti nel loro lavoro quotidiano con bambini e ragazzi?
Le scuole di danza hanno creato quei grandi numeri di danzatori che ci sono oggi, senza contare l’importante lavoro sociale di formazione che conducono ogni giorno: molte di queste scuole sono infatti l’unico avamposto culturale extrascolastico in territori socialmente difficili o in località isolate. Sono scuole private ma conducono un prezioso servizio di pubblica utilità, se si pensa che in Italia su 56 conservatori musicali, per la danza esiste solo un'accademia di danza riconosciuta a livello statale. In Italia esiste una vera e propria discriminazione culturale che non segue quello che è scritto nella costituzione: il diritto allo studio universitario. Per i danzatori non esiste quindi lo stesso diritto di studio riservato agli altri studenti e all’Accademia di danza di Roma può capitare ad esempio che uno studente possa essere idoneo e non ammesso per il limitato numero di sale di danza e conseguente impossibilità di soddisfare tutte le domande di ammissione, ma non è costituzionale che possa continuare una cosa del genere.
Per questo sei spesso impegnato a dare importanza ai diritti degli artisti e nel far conoscere problematiche così poco presenti in questa società?
Si, penso proprio che non ci sia spazio nell’opinione pubblica per queste problematiche e quindi tempo fa ho anche pensato di creare una petizione contro la chiusura dei corpi di ballo. La domanda più strana che mi sono sentita fare, mi è stata fatta dai Senatori: “Perché questo accade?”. Non ne hanno alcuna consapevolezza: io risposi che in Italia l’attenzione sociale ed economica è spostata più che altro verso la musica e l’opera lirica e la danza, soprattutto quella classica, è vista solo come un peso sociale.
E in tal senso quindi come pensi che si percepisce oggi il balletto e la danza classica?
Il paradosso della danza degli ultimi anni è che c’è pochissima attenzione verso il repertorio classico e quindi relativa poca attenzione mediatica nei confronti del balletto anche dal punto di vista sociale. Negli ultimi anni si è talmente sviluppato ciò che è moderno e contemporaneo e lo abbiamo fatto talmente tanto che è venuta meno la tradizione del balletto classico, che è alla base della nostra identità nazionale che sta tendendo a sparire. Per questo avere corpi di ballo stabili e accademie in ogni città sarebbe stata una motivazione in più, una possibilità in più, per i ragazzi italiani di poter proseguire gli studi di danza classica: in Germania e in Francia l’hanno compresa bene e da tempo questa cosa. L’artista dovrebbe avere le stesse possibilità in ogni città e vivere in un modo degno, così come mi sono augurato io con l’apertura del Campus che dirigo.
E tutto questo accade paradossalmente in un momento in cui il mercato richiede il grande repertorio classico e l’Italia fatica a proporlo con le sue sole forze interne mancando i pilastri di cui ho parlato.
Ho visto che sei anche un appassionato di calcio e proprio in questi giorni con questa emergenza si è capito come il calcio si ponga sempre oltre a tutto, cosa ne pensi?
Credo che le masse siano più difficili da controllare e che quindi si siano dovuti prendere per forza di cose provvedimenti in maniera più graduale. Certo anche noi nel mondo della danza abbiamo grandi numeri che potrebbero scuotere l’opinione pubblica ma il Coni se ne è appropriato all’interno del suo grande cappello. Di fatto siamo due milioni di persone e per lo meno bisognerebbe essere più uniti nelle battaglie, ma in questo ho capito che ci deve essere sempre qualcuno che si fa portavoce, per questo mi appassiono su alcune tematiche e poi me ne faccio portatore per parlare con il Ministro anche se poi queste battaglie diventano dei veri e propri lavori e ti portano via tante energie.
Hai creato più di 60 balletti, cosa ti riserva il futuro dopo la Cenerentola con Virna Toppi?
Pensare al futuro oggi è un po’ estraniante ma cerco di vedere comunque positivo. Del resto noi del mondo del teatro siamo sempre stati abituati alla precarietà, discendenti degli antichi teatranti, siamo pervasi dalla voglia di vivere, siamo abituati alle crisi e saremo in grado di rialzarci sicuramente prima. Anche se il mio pensiero va anche a quei ragazzi con contratti precarissimi che in questo momento sono davvero in seria difficoltà.
Il 25 aprile sarei dovuto andare in Kazakistan per produrre Il Corsaro ma ora è tutto fermo; continua poi con grande attenzione il lavoro del prossimo tour con la Roma City Ballett Company, con la quale si cerca di dare continuità professionale, anche tramite audizione, alle attività della accademia oltre a dare spazio a giovani artisti provenienti da compagnie americane e a ragazzi che vengono da tutto il mondo.
Mentre vi parlo in Russia sta andando in scena la mia coreografia Il padrino con le musiche di Nino Rota e il mio Romeo e Giulietta che è in tournée in 5 nazioni; a settembre, se tutto andrà come previsto, andrà in scena negli Stati Uniti la mia coreografia basata su Vacanze Romane.
Tu e Rossella come vi siete avvicinati fino a diventare anche una coppia nella vita privata?
Uno dei motivi per cui ci siamo avvicinati è che abbiamo entrambi dei valori e dei principi simili, lottiamo contro le cattiverie, non vogliamo compromessi e non vogliamo ottenere sconti nel lavoro vivendo immersi nello spettacolo. Entrambi siamo coscienti che l’arte per noi è una parte fondamentale nelle nostre vite. Dopo tredici anni insieme siamo ancora oggi complici, manager uno dell’altro: discutiamo e scegliamo insieme, ci confrontiamo per ogni nostra decisione soprattutto per dire no ad alcune proposte che non ci convincono anche se nel nostro mondo non è affatto facile dire dei no, perché la vita dell’artista è sempre e comunque una vita precaria: può andare bene oggi e andare male domani.
Rossella, Luciano ci ha raccontato che vi accomunano valori e principi simili, in tal senso in che modo la solidarietà verso i più deboli contraddistingue la vostra coppia?
Credo, e crediamo, che le persone che hanno un pubblico debbano contribuire con aiuti concreti per far conoscere e sensibilizzare le persone rispetto alle problematiche che esistono fuori dalle nostre vite quotidiane. Questo ti fa anche sentire utile e vivo, come quando abbiamo visto con i nostri occhi a Panama la sofferenza dei bambini, che però, nonostante tutto, ti riservano dei grandi sorrisi. Queste esperienze di solidarietà ti portano ad imparare molto e si ritorna a casa sempre umanamente arricchiti.
E come è avvenuto l’incontro con Luciano?
Mi ha chiamata lui come protagonista della sua versione della Carmen. Eravamo al Teatro Massimo di Palermo poi un giorno ci siamo visti con occhi diversi e da lì è cominciato pian piano un po’ tutto. Del nostro rapporto mi piace che uno ama e viene amato allo stesso modo, rispettando l’uno le scelte quotidiane dell’altro.
Come sei arrivata invece a danzare in programmi televisivi?
In modo molto fortuito, in realtà volevo solo studiare danza e Roma mi sembrava la città più vicina così ho pensato di fare l’esame in accademia, mi hanno presa e poi da lì è nato un po’ tutto. Ho accettato anche se essere lontana da casa per me è stato un grande trauma e un grande sacrificio che mi è costato molta fatica, mi mancavano i miei affetti e la mia terra, la Puglia, però sono riuscita ad andare oltre: si raggiunge tutto se si è forti e se si vuole veramente qualcosa.
Dalla danza sei poi passata alla conduzione televisiva e alla radio... come è andata?
Mi trovai in una radio mentre conducevo la trasmissione Colorado e ho cominciato a pensare anche alla mia voce oltre al mio corpo: mi sembrava che la radio trasmettesse di me un’immagine più vera e questo mi ha molto molto incuriosita, così ho cominciato a studiare, ho fatto dei provini e ormai, quasi ogni giorno da 13 anni, sono in onda con Tutti pazzi per Rds, un programma molto seguito e in cui mi diverto tantissimo.
Sei una performer a tutto tondo e attualmente ti stai dedicando al teatro anche come attrice. Come hai vissuto questa nuova esperienza?
Come attrice sono una delle protagoniste della nuova produzione del Teatro Sistina di Romeo Piparo e Giulio Ricciardi Belle ripiene: questo lavoro è stato una scommessa vinta grazie ad un’ottima risposta del pubblico. Oltre a me in scena ci sono Tosca D'Aquino, Roberta Lanfranchi e Samuela Sardo artiste complete e donne poliedriche tra cui è nata una bella amicizia; ci vogliamo molto bene e siamo state bene, mai un’invidia, un problema: è stata un’esperienza bellissima che si è però fermata, giustamente, da qualche giorno ma che recupereremo sicuramente ad ottobre.
Ai giovani che si affacciano oggi al mondo della danza e dello spettacolo da dove consigli di cominciare?
Secondo me bisogna capire se studiare la danza è la propria fonte di vita e se ti fa stare bene, se si, vuol dire che la danza è la tua vocazione. Importante è la volontà e il carattere che ti forma lo spirito per superare un brutto momento, bisogna fare attenzione e bisogna avere una dedizione assoluta, una predisposizione al sacrificio che a volte, lo posso dire con assoluta certezza, porta quasi al masochismo ma se la danza è la tua vita non ti pesa affatto. Bisogna pensare allo studio e mantenere quel pizzico di follia che ti fa seguire un po’ la tua pancia se no rinunceresti alla prima difficoltà.
Consiglio di imparare qualche lingua straniera e pensare che è meglio arrivare sempre preparati, poi capire se si possiede il carattere adatto a questo mestiere, magari ci sono talenti che si sono buttati al vento a causa di un carattere poco propenso: il talento da solo non basta ci vuole la voglia di mettercela tutta e in questo senso forse ha anche un valore più grande e poi, se ti mancasse la tua terra com’è successo a me, ricordati che la tua terra non ti scorda mai e ti accoglierà sempre quando vorrai tornare!
Luciano
Quest’anno sono in trasmissione non come giudice ma in una funzione molto particolare che è quella di super tecnico insieme al Maestro Vessicchio che assiste la parte musicale: in disparte verifichiamo con la nostra esperienza le performance in caso di diatriba.
La trasmissione per me è ancora molto affascinante perché racconta un percorso di lotta, sacrificio, emotività al di là dei fatti che sono televisivi. Il messaggio che sta comunque alla base della trasmissione è che ti viene data una opportunità concreta: nessuno vuole raccontare che ci vogliono solo tre mesi per diventare dei professionisti.
Fondamentale l’apporto di Maria de Filippi che ci mette il cuore e l’anima e se qualcuno parla male del programma non se lo può proprio permettere: quanto ha fatto questo programma per le scuole di danza sin dai suoi esordi e quanto ha fatto per una divulgazione di massa della danza? Ha fatto vedere variazioni di classico in prima serata, ha dimostrato che ci sono tante persone che fanno questo mestiere e anche dal punto di vista sociale ha sfatato diversi tabù e ha portato persone a teatro che non avevano mai visto un teatro in tutta la loro vita.
Non bisogna davvero parlarne male mai…
Rossella
Un ricordo fantastico, ci ho partecipato sin dalla I edizione e in quel momento “si stava sull’esperimento” e le intuizioni di Maria, che riusciva a captare e sentire la “pancia” dei ragazzi. In quella trasmissione vedrai sempre trasparire grande fatica perché i ragazzi lavorano tantissimo e in questo c’è un’assoluta verità e preparazione di danza.
Grazie a questa trasmissione ho avuto una grande fratellanza, che continua tuttora, con Kledi Kadiu, con cui ho condiviso una grande fatica perché si lavorava molto: c’erano molte coreografie e pezzi da preparare e danzare ma è stato davvero un grande piacere. Poi sono stata nel programma anche in veste di insegnante però volevo fare altre esperienze e al mio posto venne Alessandra Celentano, rispetto alla quale però ho una filosofia e una visione completamente differente. Per me è importante l’aspetto psicologico dei ragazzi, secondo me bisogna dosare sempre le parole altrimenti si possono affossare dei talenti: bisogna sempre incoraggiarli e la sincerità la puoi utilizzare sempre anche senza creare traumi. Magari non puoi fare il classico ma puoi specializzarti in altri stili o la danza può diventare un veicolo per fare altri mestieri sempre nel campo artistico.
Per me in assoluto l’importante è non far spegnere mai le passioni dei ragazzi e non farli abbandonare alla prima difficoltà ma esortarli a procedere e andare avanti in qualunque modo.
Finalmente da qualche giorno hanno riaperto i battenti le scuole di danza e i centri sportivi, seguendo le linee guida pubblicate il 19 maggio dall'Ufficio per lo sport.
Ma quali sono in particolare i doveri per gli allievi che frequentano i corsi?
In primo luogo, all'ingresso della centro o scuola sarà previsto il rilevamento della temperatura corporea, che deve essere inferiore a 37,5 °C . È una restrizione non obbligatoria.
Tuttavia i clienti dovranno firmare un’autocertificazione sulle proprie condizioni di salute, ovvero dichiarare se hanno contratto il Covid o se sono stati in quarantena, eec. Il modulo compilato sarà conservato dai gestori dei centri per 14 giorni, dopodiché andrà rinnovato. Il modulo per i tesserati ASI è scaricabile al seguente link.
MODULO AUTODICHIARAZIONE TESSERATI ASI COVID-19
Tra le altre misure previste, ricordiamo il distanziamento di sicurezza di almeno 1 metro che deve essere tenuto all’interno delle sale, degli spogliatoi e delle docce, che avranno ingressi contingentati e percorsi differenziati, ove possibile.
I vestiti e gli effetti personali dovranno essere riposti all'interno di borse lasciate negli armadietti.
Durante lo svolgimento delle attività sportive non c'è l'obbligo della mascherina ma è necessario manetenere il distanziamento di almeno 2 metri.
Per il dettaglio di tutte le altre norme vi invitiamo a rivedere il documento ufficiale a questo link:
LINEE GUIDA PER L'ATTIVITà SPORTIVA DI BASE E L'ATTIVITà MOTORIA IN GENERE (versione aggiornata).
Venerdì 15 maggio 2020 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha rilasciato un documento contenente le linee di indirizzo per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative.
Il documento di 18 pagine riassume le linee guide condivise dalle Regione e dal Governo: le schede tecniche contengono indirizzi operativi validi per i singoli settori di attività, e forniscono uno strumento sintetico e immediato di applicazione delle misure di prevenzione e contenimento, per sostenere la ripresa delle attività economiche e produttive compatibilmente con la tutela della salute di utenti e lavoratori.
Nel documento sono presenti, in particolare che le indicazioni che si applicano a enti locali e soggetti pubblici e privati titolari di palestre, comprese le attività fisiche con modalità a corsi (senza contatto fisico interpersonale).
Qui il testo completo: Linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative
Anche l'Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rialsciato le linee guida per l'esercizio fisico e lo sport, con il supporto di Sport e Salute S.p.A. e d'intesa con il CONI e il CIP.
Tra i vari punti, queste sono le indicazioni per le pratiche d'igiene:
All’interno del sito dovrà essere garantita la possibilità di effettuare le seguenti pratiche igieniche:
Ai fini della attuazione delle buone pratiche igieniche dovranno essere messi a disposizione:
In aggiunta, coloro che praticano l’attività, hanno l’obbligo:
Qui il testo completo: LINEE-GUIDA PER L'ESERCIZIO FISICO E LO SPORT
L’Istituto per il Credito Sportivo ha elaborato i criteri e il relativo regolamento per rendere accessibili, ai soggetti interessati, i finanziamenti erogati in base al ‘Decreto Liquidità’. Nelle prossime ore saranno pubblicati sul sito di ICS. Come è noto, il Governo ha dato vita e finanziato il Comparto Liquidità del Fondo di Garanzia e del Fondo Contributi Interessi in gestione all’Istituto per il Credito Sportivo (articolo 14 del decreto Legge 8 aprile 2020, n.23), per consentire l’erogazione di mutui – senza garanzie e a tasso 0 – destinati alla base del mondo sportivo, che in questo drammatico momento sta vivendo, come anche il resto del Paese, un momento emergenziale.
Il mutuo ICS per Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche si chiamerà “Mutuo light liquidità”.
I CRITERI DI ACCESSO
Nelle prossime ore le Ssd e la Asd, potranno accedere alla richiesta di finanziamento direttamente dall’homepage del sito www.creditosportivo.it nella sezione dedicata alle misure di sostegno collegate all’emergenza epidemiologica Covid-19, compilando il modulo online
Il form prevede il caricamento dei seguenti documenti:
Saranno presenti sul sito tre moduli:
La società in questione dovrà essere anche in regola con i pagamenti degli impegni associativi.
NELLE PIEGHE DEL DECRETO
L’articolo 14 del Capo II del Decreto Legge n.23 dell’8 aprile 2020 – Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19 e meglio noto proprio come “Decreto liquidità” – è dedicato ai finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo per le esigenze di liquidità delle Federazioni Sportive nazionali, delle Discipline Sportive Associate, degli Enti di Promozione Sportiva, delle Associazioni e delle Società Sportive dilettantistiche, e concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti.
Tali strumenti, che vanno ad aggiungersi alle misure già previste con il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, consentiranno di garantire 100 milioni di euro di finanziamenti e consentiranno altresì di ridurre tempi e oneri per chi ha necessità immediate di liquidità, al fine di poter far ripartire le attività e valorizzare l’importante ruolo sociale dello sport.
Gli importi finanziabili saranno a tasso zero, della durata di 6 anni, si potrà cominciare a restituire il finanziamento a partire dal terzo anno. Il massimo importo erogabile è di 25 mila € e fino al massimo del 25% dei ricavi.
Queste le caratteristiche nel dettaglio:
Qui il modulo da mandare compilato ad Asi Nazionale affiliazioni.tesseramenti@asinazionale.it - oggetto: Credito Sportivo
L’Istituto per il Credito Sportivo ha elaborato i criteri e il relativo regolamento per rendere accessibili, ai soggetti interessati, i finanziamenti erogati in base al ‘Decreto Liquidità’. Nelle prossime ore saranno pubblicati sul sito di ICS. Come è noto, il Governo ha dato vita e finanziato il Comparto Liquidità del Fondo di Garanzia e del Fondo Contributi Interessi in gestione all’Istituto per il Credito Sportivo (articolo 14 del decreto Legge 8 aprile 2020, n.23), per consentire l’erogazione di mutui – senza garanzie e a tasso 0 - destinati alla base del mondo sportivo, che in questo drammatico momento sta vivendo, come anche il resto del Paese, un momento emergenziale.
Il mutuo ICS per Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche si chiamerà “Mutuo light liquidità”.
I CRITERI DI ACCESSO
Nelle prossime ore, le Ssd e la Asd, potranno accedere alla richiesta di finanziamento direttamente dall’homepage del sito www.creditosportivo.it nella sezione dedicata alle misure di sostegno collegate all'emergenza epidemiologica Covid-19, compilando il modulo online
Il form prevede il caricamento dei seguenti documenti:
Saranno presenti sul sito tre moduli:
E’ altresì richiesta una lettera dell’Ente di promozione sportiva di riferimento che attesti l’affiliazione e l’iscrizione da almeno un anno al Registro CONI o alla sezione parallela CIP. La società in questione dovrà essere anche in regola con i pagamenti degli impegni associativi.
NELLE PIEGHE DEL DECRETO
L’articolo 14 del Capo II del Decreto Legge n.23 dell’8 aprile 2020 – Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19 e meglio noto proprio come “Decreto liquidità” - è dedicato ai finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo per le esigenze di liquidità delle Federazioni Sportive nazionali, delle Discipline Sportive Associate, degli Enti di Promozione Sportiva, delle Associazioni e delle Società Sportive dilettantistiche, e concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti.
Tali strumenti, che vanno ad aggiungersi alle misure già previste con il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, consentiranno di garantire 100 milioni di euro di finanziamenti e consentiranno altresì di ridurre tempi e oneri per chi ha necessità immediate di liquidità, al fine di poter far ripartire le attività e valorizzare l’importante ruolo sociale dello sport.
Gli importi finanziabili saranno a tasso zero, della durata di 6 anni, si potrà cominciare a restituire il finanziamento a partire dal terzo anno. Il massimo importo erogabile è di 25 mila € e fino al massimo del 25% dei ricavi.
Queste le caratteristiche nel dettaglio:
Il CONI (con Federazioni ed Enti) ha incaricato il Politecnico di Torino di elaborare i protocolli per le riaperture auspicabili quanto meno in forma controllata, per fine maggio. Il tutto si è tradotto in un documento, riguardante tutte le discipline sportive, che è stato già trasmesso al ministero.
Nell'importante documento per la sicurezza diffuso dal CONI, fra discipline analizzate ci sono anche tutte quelle che riguardano il settore fitness, wellness e danza.
Sentito successivamente il comitato tecnico scientifico, si attendono quindi indicazioni ufficiali che diano istruzioni (speriamo precise e speriamo in tempi brevi per le modalità di riapertura.
Questo documento è il passo indispensabile per permette al governo di gestire le riaperture. Una volta analizzato ASI / FIF /IDA si batteranno per l'apertura entro il 18 maggio.
La voce di oltre 14 milioni di tesserati non può rimanere inascoltata. È tempo di iniziare. Con le dovute precauzioni, un passo alla volta se sarà necessario, ma dobbiamo ricominciare!
Il Governo ne tenga conto.
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