In questo numero:
Claudio Coviello: un lavoro chiamato danza | di Monica Morleo Rivoluzioni ed evoluzioni nella danza: le sfide Paige Fraser | di Valentina Minguzzi In che modo gli insegnanti di danza possono aiutare i propri allievi ad ascoltarsi profondamente? | di Valentina Poggi Un nuovo percorso IDA per includere le basi della danza classica nelle classi di modern e contemporaneo | di Valentina Poggi Laban/Bartenieff: Il Sistema di Analisi del Movimento applicato alla composizione coreografica | di Lorella Rapisarda Danza e società: dal singolo alla comunità | di Valentina Minguzzi Roberta Fontana: l’insegnamento mi ha reso libera | di Monica Morleo di professionalizzazione | di Valentina Minguzzi Danza e regia video: I trucchi per comunicare al meglio il proprio racconto coreografico | di Valentina Minguzzi Danza e fotografia in natura: alla ricerca di una nuova umanità | di Monica Morleo
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di Monica Morleo
La danza è un lavoro. Insegnare danza è un lavoro. Eppure capita ancora davvero troppo spesso che danzatori e insegnanti di danza si sentano dire: “Si ma di lavoro cosa fai?”.
Lavorare nella danza non è un hobby ma è anche una professione come tutte le altre, anzi molto più dura e più difficile, perché precaria per sua stessa definizione e, di frequente, anche sottostimata e sotto pagata.
Ancora di più in questi due anni così anomali, dove tutto il comparto è stato tra gli ultimi a riaprire, questo ha senz’altro alimentato il messaggio che i lavoratori coinvolti nello spettacolo e nello sport non siano indispensabili a far andare avanti la società economica. Eppure, secondo l’Inps, nel 2020 ci sono più di 200 mila lavoratori che vivono quotidianamente di sport e spettacolo.
Molte interviste di questa rivista mi hanno portato a riflettere sul fatto che gli artisti sembrino ancora “giustificare” che il loro lavoro sia una passione. È vero, come ci hanno confidato in questo numero, la danza è un lavoro che si fa con una passione tale che sembra far scordare che è comunque un lavoro come tutti gli altri… e quindi capita che si alimenti inconsciamente l’atteggiamento della società italiana che vede in un hobby la danza, il teatro e tutto il mondo dell’intrattenimento.
Come uscire da questo pre-concetto? Come dare ai ragazzi una nuova visione per cui la danza possa veramente dal punto di vista sociale e culturale essere considerata un lavoro e non un hobby?
Certamente IDA sta vicino quotidianamente a queste professioni dando spazio e fiducia ai nuovi saperi; consapevole che la danza sia un'attività con la sua dignità e le sue regole.
Ed è forse colpa nostra se siamo tra i fortunati che riescono a coniugare passione e lavoro?
Emergete e prendete esempio da questa categoria perché svolgere il lavoro che piace non è un privilegio ma un’aspirazione a cui dovremmo tendere tutti.
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