“Non penso di essere un'eccellenza, provo a fare del mio meglio”
Angelo Greco è un concentrato di talento e umiltà. Sardo di origine, classe 1995, a soli ventuno anni e dopo neppure un anno in compagnia, lo scorso febbraio è stato nominato Principal dancer del San Francisco Ballet. Una promozione che ha accolto e commentato con la stessa modestia di sempre: “Un onore, un grande passo da cui crescere e imparare ancora”. Perché nonostante i traguardi raggiunti, non si sente arrivato e per lui danzare ha lo stesso significato di quando ha iniziato: “Mi fa sentire libero, sereno, provare ogni giorno sensazioni ed emozioni diverse”.
Come hai scoperto la danza?
«Tra i dodici e i tredici anni ho chiesto a mia madre di iscrivermi a un corso di ginnastica artistica. Ma poiché nel mio paese non c’era nessuna scuola che proponesse quel tipo di disciplina, mi ha portato a Danzarte di Concordia. E lì, in modo del tutto imprevedibile, è iniziato tutto il mio percorso con Emanuela Mussini».
Qual è stato il percorso che ti ha portato all’Accademia del Teatro alla Scala?
«A quattordici anni sono andato via di casa per proseguire gli studi in una scuola professionale, "Il Balletto" di Castelfranco Veneto, diretta da Susanna Plaino. Non è stata una scelta facile, non volevo andare a vivere lontano dai miei genitori e dagli amici, cambiare le mie abitudini. Arrivato lì ho avuto la fortuna di conoscere un grande maestro, Elias Garcia Herrera che, ancor prima di insegnarmi la tecnica, mi ha aiutato a conoscermi meglio, a cadere e poi rialzarmi, ad ascoltare il mio corpo. Sono stati tre anni molto intensi. Ricordo che la sera mi chiudevo spesso in camera e guardavo fuori dalla finestra, semplicemente mi perdevo nei miei pensieri, rivolti ai miei genitori e a tutti i loro sacrifici per me. Quando ero stanco mi tornava in mente quello che mi dicevano: “Angelo vai e divertiti!”. Trovavo in questo la forza per ricominciare a provare e riprovare, passi su passi. La danza dai quattordici ai sedici anni è stata come scoprire un mondo nuovo. Per tre anni ho partecipato a tantissimi concorsi, vincendo tanti primi posti, e ho ricevuto molte borse di studio da parte di importanti Accademie. Quando è giunto il momento di fare una scelta ho optato per entrare all’Accademia del Teatro alla Scala».
Cosa ti piace ricordare degli anni alla Scala?
«Tutto ciò che ho vissuto. La Scala ha rappresentato il mio "inizio", sotto la guida del mio insegnante, il maestro Maurizio Vanadia, e a contatto con il direttore dell'Accademia, il maestro Fréderic Olivieri. Quest’ultimo ha creduto in me, dandomi fiducia ed eccezionali opportunità nei grandi teatri europei e non europei, insegnandomi così ad affrontare con serenità il mondo del teatro e il pubblico. Dopo l'Accademia non ho avuto dubbi e sono entrato a far parte della Compagnia del Teatro alla Scala. Il direttore mi ha dato subito l'opportunità di ballare, con il ruolo di Basilio, nel “Don Quixote” di Nureyev. Ero contento e agitatissimo. Il giorno dello spettacolo sono andato a piedi, da casa mia fino al teatro, e mi è sembrato di metterci un’infinità di tempo. È stata un'esperienza indimenticabile! Sono seguiti altri balletti e ruoli importanti che mi hanno di volta in volta coinvolto e travolto in un mare di sensazioni ed emozioni differenti. Poco prima di lasciare la Compagnia della Scala, ho avuto il piacere di lavorare con Massimo Murru: mi ha guidato per interpretare nuovamente il “Don Quixote” di Nureyev. In quella fase ho capito che ogni gesto, in palcoscenico, doveva avere un senso e dare la sensazione delle parole, ho imparato a comprendere l'importanza della mimica e della espressività dei gesti. Tutto doveva essere naturale e non forzato».
In una carriera così improntata alla disciplina e al rigore, quali sono stati le maggiori difficoltà e i sacrifici?
«Senza dubbio, allontanarmi dalla mia famiglia. Salutare i miei genitori e le persone care, non sapendo quando li avrei potuti rivedere. È qualcosa che mi risulta difficile tuttora, pur se – sempre – accompagnato dal forte desiderio di fare cose nuove».
Del momento della nomina a principal dancer del San Francisco Ballet quali emozioni porterai sempre nel tuo cuore?
«Non saprei ben definire cosa ho provato, ricordo solo che non mi presentai a una prova perché avevo perso il senso del tempo e avevo dimenticato di averla»
Come ti trovi all’interno della compagnia americana?
«Penso che sia una compagnia straordinaria. Durante l'anno abbiamo molte produzioni e tantissimi spettacoli. E i colleghi sono persone eccezionali con cui si può lavorare in assoluta tranquillità».
Lo spettacolo di danza che ricordi come il più emozionante al quale hai assistito come spettatore?
«Uno dei primi balletti che ho visto è stato il “Don Quixote” con Baryshnikov e Cynthia Harvey. L’ho visto in dvd, ma è stato comunque bellissimo guardare due grandi ballerini come loro, che sprigionavano una fortissima energia. Semplicemente indimenticabile».
Mentre tra tutti quelli da te interpretati?
«Il più emozionate è stato “Romeo e Giulietta”. Alla fine del balletto mi sentivo vuoto ed esausto».
Ti piace vivere a San Francisco?
«Sì. Non è bella come una città italiana, ma è comunque una città interessantissima, non troppo caotica e molto variegata. Prendere la bici e andare lungo la costa fino ad arrivare sul Golden Gate è un bel passatempo, così come arrivare fino a Sausalito, una piccola cittadina sul mare, per poi ritornare in città. Oppure andare a Baker Beach per un po’ di relax sulla spiaggia».
Quando non sei in sala prove o sul palcoscenico ami trascorrere così il tuo tempo?
«Oltre girare in bici e andare in spiaggia, le mie passioni sono il pianoforte e la musica; mi piace molto cantare».
Ti piacerebbe, in futuro, lavorare in un corpo di ballo italiano?
«La Compagnia della Scala è stata la mia prima Compagnia e resta nel mio cuore. Cosa mi riserva il futuro non lo so. Lo scorso novembre, mi sono molto emozionato a ballare per tre serate sul palco dell’Opera di Roma, grazie all’invito ricevuto dalla direttrice Eleonora Abbagnato. È stato un grande onore ballare il “Don Quixote” di Laurent Hilaire, versione ispirata a quella originale di Mikhail Baryshnikov. Non vedo l'ora di poter vivere nuovamente un’esperienza di questo genere!».
Ami definirti un sognatore, qual è il prossimo sogno legato alla danza da realizzare?
«Il mio sogno è semplicemente di ballare, ballare e ballare. Spero di poter portare la mia danza ovunque essa possa andare».
Cosa consigli ai giovani che vorrebbero diventare danzatori professionisti?
«Nel film “Billy Elliot” è racchiuso tutto: amore, dedizione, sacrificio, tanto e ancora tanto lavoro, determinazione. Sognare e credere in ciò che si fa, perché se non ci credi tu, in primis, nessuno mai ci crederà».
© Expression Dance Magazine - Dicembre 2017