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Daniil Simkin, un sottile equilibrio tra corpo e mente

Daniil Simkin, un sottile equilibrio tra corpo e mente

Proverbiali i suoi salti e le sue pirouettes rapidissime, Daniil Simkin oggi è uno degli artisti più ricercati al mondo e senza dubbio uno dei più interessanti talenti maschili emersi nel mondo del balletto negli ultimi anni.
Nonostante la sua proverbiale bravura, in Daniil Simkin vedo oggi un innovatore e nei suoi prodotti artistici una grande genialità che, credo, lo porteranno a far parlare di lui non solo come ballerino ma anche come produttore. Comunicatore nato riesce ad esprimersi in maniera altrettanto efficace con il corpo, la voce e la tecnologia mettendosi al servizio di tutti ma soprattutto di quel pubblico potenziale che non è mai entrato in un teatro e che può fruire della sua arte anche solo on line.


La tua vita, racconti, è stato un bilanciamento continuo tra l’educazione scolastica e la danza e che i tuoi genitori grazie alla scelta di non frequentare un’accademia ti hanno permesso di avere una visione più aperta del mondo… Credi sia ancora vero?

Si lo credo veramente. Sono convinto che avere interessi diversi crei una certa profondità, forgi il carattere e le potenzialità di un artista. Credo sia necessario per un artista possedere un ampio ventaglio di esperienze di vita e infatti credo che l’educazione e l’istruzione accademica siano necessarie in ugual misura. È fondamentale la curiosità intellettuale e ogni altro impulso dal resto del mondo e dalle altre arti, condurre una vita fuori dal teatro e dalla scuola accademica per realizzarti come artista. La danza ha bisogno di molta energia, di un grande livello di concentrazione e, al tempo stesso, di rilassamento.

A più riprese hai dichiarato che hai deciso di diventare ballerino perché adoravi il palcoscenico. In quale momento preciso della tua vita hai capito che la danza sarebbe diventato il tuo lavoro?
Ho deciso quando avevo 16 anni… fino ad allora per me la questione era aperta! Sono stato fortunato perché i miei genitori mi hanno lasciato libero di decidere in un secondo momento e mi hanno continuato ad allenare ugualmente. Quando avevo dieci anni mi chiesero cosa avrei voluto fare ma lì non avevo ancora la risposta in tasca. Poi ho capito che il palcoscenico e la danza erano il mio modo per esprimermi e il mio modo di dare agli altri. Penso di essere stato davvero fortunato a vivere la vita che sto vivendo perché la danza mi ha dato la possibilità di realizzarmi come persona e mi da gioia. Ma, contemporaneamente, so anche che la danza è solo una parte della mia vita.

Non tutti hanno la fortuna di vivere del lavoro che gli piace, vero?
Assolutamente… Anche se sento il bisogno di cercare ogni giorno il mio equilibrio per vivere al meglio e mantenere una giusta combinazione tra prestazioni fisiche e psicologiche.

Credi ancora che il web e i social abbiano una grande importanza per superare l’elitarismo che contraddistingue la danza?
I social oggi hanno un grande ruolo e si evolvono continuamente anche come strumenti, li utilizzo perché credo siano un ottimo modo di documentare la mia arte ma non devono demistificare. Li uso essenzialmente per far conoscere ogni aspetto della mia professionalità perché credo sia fondamentale far conoscere la mia arte per dare una maggiore opportunità a tutti: tutte le persone devono avere la possibilità conoscere più da vicino il mio mondo anche se non sono mai state in un teatro. Le prove le documentano in molti ma io cerco ogni giorno di trovare un mio modo per far conoscere la mia danza.
Chiaramente i social li uso per motivi professionali anche se le persone vogliono conoscere qualcosa in più in merito alla mia vita privata, ma io ho difficoltà ad esprimermi riguardo la mia vita personale. Vorrei connettermi di più ma allo stesso tempo ho difficoltà a rivelare aspetti della mia vita personale. Voglio dare valore a questo mondo ma devo sempre tener presente un bilanciamento tra quello che voglio io e quello che vogliono le persone. Voglio mostrare il mio mondo senza per questo mostrare la mia vita personale. La vera essenza della danza credo che sia arrivare ad un buon livello di conoscenza cercando di combinare insieme più elementi anche se non è facile.

Quando hai pubblicato dieci anni fa i video di te che balli nelle strade di New York e poi ancora durante la quarantena quindi erano solo divertissement?
Si è stato decisamente un divertissement, lo credevo e lo credo tuttora che pubblicare video sia uno strumento importante per rendere maggiormente democratica la danza, oggi però mi piace di più mostrare le prove e i miei balletti per dare la possibilità a più persone possibili di vederla, soprattutto a chi di solito non fruisce della danza. Quando pubblico qualcosa cerco di differenziarmi pubblicando anche solo un elemento invece dell’intera variazione per creare un interesse diverso. Secondo me bastano due minuti per un elemento invece che pubblicare la variazione completa, perché la variazione può raggiungere certamente più persone ma nello stesso tempo credo che così si perda l’essenza della danza.

Nel 2021 sei stato ingaggiato come primo insegnante della piattaforma online “Dance-Masterclass”, ti piace insegnare? In cosa credi che la tua esperienza possa apportare un arricchimento a chi ti segue?
Per me insegnare nelle masterclass è un’opportunità di dare quello che ho imparato: quando insegno voglio far ricercare qualcosa di diverso dal proprio percorso usuale. Penso di essere stato molto privilegiato perché mia madre mi ha insegnato quello che sapeva e possedeva molte e differenti esperienze. Mia madre proviene originariamente dalla scuola russa ma si è potuta confrontare con molti ballerini dalle grandi qualità nei giri, dai quali ha cercato di comprendere e assimilare i principi per poi insegnarli. La mia capacità di girare è proprio il risultato della raccolta e del confronto dei diversi modi di insegnare che mi ha trasmesso mia madre. Sono davvero interessato a lavorare per scomporre la tecnica ed insegnarla. Ormai i passi che facciamo noi ballerini vengono eseguiti in maniera automatica e scomporre la mia tecnica è il modo di restituire qualcosa di nuovo agli allievi e, si spera, di aiutarli come loro aiutano me.

Mi sembra di capire che la comunicazione sia una tua skill, lo confermi?
Si… lo so! (n.d.r. ride) sono davvero fortunato a sapere parlare con le persone e sono molto fiero di questo mio modo di restituire anche comunicando al meglio il mondo della danza che spesso è invisibile e anche perché di solito un danzatore comunica solamente con il linguaggio del corpo.

Quando hai sentito l’urgenza di produrre i tuoi progetti inediti?
La mia vita intellettuale e accademica, il mio approccio fisico e psicologico nella mia vita di ballerino sono entrambe necessarie per il mio bisogno di esprimermi. Ho iniziato a produrre i miei progetti dal 2015 e ho prodotto una serata al Joyce Theatre di New York con cui poi abbiamo girato in tournée nazionali e internazionali; in seguito ho continuato a produrre anche altri progetti con il sostegno dello stesso teatro. In questo progetto ho utilizzato la tecnologia che mi appassiona sin da quando ero piccolo e che ha sempre fatto parte del mio quotidiano. Attualmente credo davvero che la danza, attraverso la tecnologia, abbia la possibilità di evolversi in un’esperienza ancora più significativa. Da un lato quello che si conosce è una sorta di “vecchio mondo” come il balletto di danza classica che è basato su passi sofisticati e decisamente codificati, ma da un’altra parte c’è l’essenza primordiale della danza, la sua vera essenza che è la comunicazione che avviene tra un danzatore e il pubblico. Vorrei invitare a danzare con l’aiuto della tecnologia ma credo che questo rapporto debba diventare più immersivo; poi, certo, non si può dimenticare il passato e il procedimento che mette in scena in un palcoscenico “normale” come lo conosciamo tutti.
Ci credo molto in questo perché attualmente competiamo con diversi linguaggi bi-dimensionali come i giochi dei computer e gli show televisivi e credo fermamente che la danza in combinazione con le più nuove possibilità della tecnologia, così come ad esempio il tridimensionale, abbia diverse potenzialità di crescita e possa diventare più significativa per l’uomo contemporaneo.

Anche tuo padre ti supporta nell’utilizzo della tecnologia nei tuoi spettacoli?
Si. Quando mio padre ha smesso di ballare si è appassionato alla tecnologia e al design ed è un’autodidatta scenografo. Abbiamo realizzato un progetto insieme con proiezioni video al Guggenheim di New York nel 2017 (n.d.r. progetto dove i movimenti dei performer erano catturati in tempo reale da sensori di movimento per generare mappe visive in 3D proiettate a terra e sull’intero volume delle pareti). È stato bellissimo rispondere insieme alla richiesta fatta e anche adesso mi ha aiutato con il mio progetto ma ora continuerò da solo.

Hai un nuovo progetto in creazione attualmente?
A fine giugno è uscito One un film con un mio assolo di sei minuti coreografato da David Dawson e prodotto da Studio Simkin. Il film è stato diffuso esclusivamente in diretta solo su YouTube e Vimeo e descrive il viaggio di un artista che, di fronte alle avversità, trascende la sua realtà per arrivare a un livello più elevato di coscienza e ad una comprensione più profonda della sua arte.

Ho visto dal vivo a Bologna il tuo progetto creato con la Martha Graham Dance Company, Cave, che avete definito: “un’esplorazione pionieristica della danza performativa combinata con un evento di vita notturna: il trascendente con il comune”. Come è nata questa idea?
Dopo la pausa forzata dovuta al Covid, avevo in testa un’esperienza di danza coinvolgente, ovvero un DJ set continuo in cui la musica venisse riprodotta ininterrottamente e dove la danza arrivasse a momenti, mentre il pubblico continuava a ballare e a muoversi. Non è come uno spettacolo dove stai seduto a guardare i ballerini, ma la mia speranza è che la danza ispiri il pubblico e che, di conseguenza, lo stesso pubblico ballerà con loro.
Lo spettacolo che hai visto tu è il primo step di un’idea la cui seconda tappa la immagino in un luogo fuori da un teatro, magari in una “scatola nera” come ad esempio uno spazio come un magazzino o in un edificio.

Creare e progettare per te significa anche dare dei messaggi sociali attraverso la danza e il movimento?
Assolutamente. Penso che la danza abbia un grande potenziale anche per entrare in comunicazione con molte persone che hanno una sorta di paura di ballare e di entrare in comunicazione con sé stessi. La danza invece è un elemento necessario per entrare in contatto con sé stessi.
Credo che i miei progetti, soprattutto quelli immersivi e partecipativi, possano dare una scusa alla gente per ballare e realizzare sé stessi attraverso il movimento. Perché gli esseri umani hanno ballato da sempre e nel nostro mondo moderno si è un po› perduta questa condizione ancestrale. Il mio consiglio? Non dimenticare di tenere questi momenti in piccole tasche se ti piace esprimere te stesso!

Hai dichiarato, che, come freelance, è continuo il confronto tra quello che vuoi tu, quello che dovresti fare e quello che vogliono gli spettatori. Oggi quale è il più grande desiderio di Daniil Simkin?
Hai un’altra domanda? (n.d.r. ride). Lo sto cercando… Più che un compromesso è un sottile equilibrio tra realizzare te stesso e danzare nelle performance di gala dove il pubblico arriva con alte aspettative. Ovviamente ho bisogno di dare al pubblico quello che vuole e il pubblico vuole giri e salti, le doti fisiche e, come sai, questa parte è notevole, ma molto spesso quello che vuoi dire non è solo questo.
Per questo motivo sto ancora cercando questo sottile equilibrio e spero di trovare un nuovo repertorio per continuare a essere fedele a me stesso rendendo felice me e il pubblico. Nel frattempo ribadisco che sono fermamente convinto che la danza abbia il potenziale per toccare un pubblico più ampio che coinvolga anche l’uomo moderno perché dopo tutto dobbiamo competere con prodotti così sofisticati di questi tempi ed è necessario ripensare il modo in cui la danza viene presentata non solo al pubblico abituale a cui già piace la danza ma piuttosto alle persone che non hanno mai assistito ad uno spettacolo di danza e credo che questo sia il potenziale e la bellezza della danza oggi.


Nato a Novosibirsk in Russia e cresciuto in Germania, figlio d’arte dei danzatori Dmitrij Simkin e Olga Aleksandrova, nel 2006 entra a far parte come Demi Soloist del balletto del Wiener Staatsoper dove ricopre questo ruolo fino al 2008 quando entra a far parte dell’American Ballet Theatre di New York prima come Soloist poi, nel 2012, come Principal Dancer. Nel 2018 entra alla Staatsballett Berlin come ballerino principale.
Nel 2021 fonda la compagnia di produzione Studio Simkin, per esplorare e sviluppare nuove opportunità per la danza della “prossima era”.

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