Imparare a muoversi nel mondo è un percorso lento, progressivo, che porta ciascuno di noi a misurarsi con diverse dimensioni: muoversi nel mondo significa imparare a gattonare, camminare, correre, danzare.
Sì, danzare, inteso come quell’equilibrio appreso, che porta a muoverci senza troppe riflessioni, spontaneamente, a ritmo, ma non sempre di musica!
Riuscire a comprendere che noi abbiamo un corpo, ma soprattutto che noi siamo un corpo e che il modo in cui ci muoviamo porta in sé il nostro vivere nel mondo, ci può aiutare in questo percorso di apprendimento, nella ricerca del movimento “ideale”.
Se ci pensiamo bene questa ricerca del movimento corretto, movimento fluido e armonioso è una costante della vita, ma la disciplina che contraddistingue questa ricerca nella danza è un elemento distintivo di un’altra tipologia di arte: le arti marziali.
Dall’origine dell’uomo l’obiettivo ultimo è sempre stato quello di preservare l’essere dal punto di vista fisico e mentale, in una contrapposizione continua tra bene e male.
Da migliaia di anni i gruppi umani hanno sviluppato diverse tecniche di difesa fisica e psicofisica, difesa del sé, del proprio corpo con tecniche di combattimento sempre più raffinate e difesa della propria salute mentale con tecniche di rilassamento e di respirazione.
Lo studio di queste tecniche di difesa ha messo in evidenza la vicinanza delle arti marziali e della danza, di discipline basate sul movimento e sul gesto, discipline che da sempre vengono classificate agli antipodi, ma che ad uno sguardo più attento risultano senza dubbio complementari, caratterizzate da radici simili e talvolta comuni.
Al di là del significato antropologico di queste danze, notiamo come i movimenti del corpo, sia che si tratti di arti marziali che di danze, possano svilupparsi all’unisono: il rigore e la fluidità caratterizzano le arti marziali, come la danza, in entrambi i casi non si tratta di movimenti fini a se stessi, ma sono la diretta espressione della propria corporeità nel mondo e della percezione del proprio corpo in movimento.
In questa riflessione ho avuto il piacere di confrontarmi con due artisti che hanno portato le arti marziali nella loro vita e nella loro danza, anche se come noterete, sono due esperienze profonde, all’interno delle quali il ruolo delle arti marziali ha acquisito significati diversi, coerenti col proprio percorso di crescita.
La prima insegnante con la quale ho avuto il piacere di parlare è Monica Casadei, insegnante, coreografa e direttrice artistica della compagnia da lei fondata, la Artemis Danza, con sede a Parma (attivi in questi giorni con la nuova produzione Felliniana).
Monica, partendo dalla tua esperienza personale, cosa ti ha portato a unire questi due mondi?
Nella mia esperienza personale, questi due mondi si sono proprio fusi!
L’incontro con l’Aikido per me è stato una vera e propria presa di coscienza, poiché ha cambiato radicalmente il mio modo di vedere e percepire il corpo, un corpo cosciente e consapevole, attivo nella conoscenza del mondo e nella percezione stessa di esso.
Con l’Aikido ho trovato risposte alle mie domande esistenziali.
L’incontro con coreografi e danzatori che praticavano questa arte marziale ha segnato il mio percorso, prima di tale incontro non avrei mai pensato di dedicare la mia vita alla danza.
Ho avuto modo di cominciare un percorso presso l'Académie des Arts Martiaux et Arts Contemporaines diretta dal maestro André Cognard, a Parigi.
Questa accademia, caratterizzata dalla multidisciplinarietà, dove si univa la danza contemporanea alle arti marziali, mi ha dato modo di esplorare la connessione tra arti contemporanee (registi, danzatori, coreografi, drammaturghi, pittori).
Oggi il mio stile coreografico e il mio lavoro di direzione artistica sono caratterizzati dall’incrocio costante di arti: arti marziali, danza, circo e ginnastica tra tutte.
Armonia e disciplina: due termini che ritroviamo spesso nelle filosofie orientali. In che modo la disciplina e la ricerca dell’armonia intesi come concetti filosofici possono migliorare il gesto artistico del danzatore?
Un concetto fondamentale nella mia danza e nella formazione dei danzatori della compagnia è l’Aikishintaiso, la ginnastica dell’armonizzazione: si tratta di un lavoro di armonizzazione su stessi, caratterizzato dalla ricerca dell’equilibrio attraverso la connessione e l’integrazione dei piani dell’esistenza, individuale e sociale. Per questo motivo si lavora sul contatto col suolo e sulle posture.
Prima ancora della coreografia, è necessario prendere coscienza di sé riuscendo così a focalizzare le proprie energie, incanalandole. Si tratta di un’esperienza potentissima dal punto di vista energetico e per ciò che riguarda il lavoro corporeo: esercizi di immobilità, camminate lentissime, come ad esempio il “regalo all’imperatore” (un passo in plié, dove si immagina di essere sopra a una lastra di ghiaccio con un pacco regalo) sono fondamentali nel processo di armonizzazione.
Quali caratteristiche dell’Aikido sono fondamentali dal tuo punto di vista nella crescita psicofisica del danzatore?
Nell’Aikido le possibilità sono tantissime: non ci sono livelli, per cui si tratta di confronto continuo tra persone con esperienze diverse, background diversi e competenze diverse. Nulla viene dato per scontato, ma è proprio in questo scambio che si cresce e si apprende: il principiante insegna a rimettersi sempre in discussione, facendo passare attraverso il corpo, la tecnica. Chi ha più esperienza deve andare verso il principiante, mettersi alla prova, poiché dal principiante si apprendono doti che con l’esperienza e la tecnica talvolta vengono dimenticate: la spontaneità, la semplicità, la curiosità di apprendere.
Viene dato, quindi, un valore grandissimo al principiante, il quale permette all’anziano di fare esperienza di ascolto e di re-immaginazione.
Tutto questo si ritrova nella mia danza. Non insegno in base ai livelli, nella danza che vivo, non ci sono livelli e la trasmissione di repertorio avviene attraverso le immagini e il corpo e non attraverso le parole (in questo mi ispiro anche alla danza Butoh giapponese e alla scuola di Kazuo Ōno).
Il concetto fondamentale delle arti marziali è l’umiltà, nella cultura orientale si da valore all’interno e meno importanza all’esterno e tutto ciò ha arricchito il mio percorso di vita, una fusione tra oriente e occidente, tra arti marziali e danza.
George Birkadze, in passato ballerino professionista in Georgia, oggi insegnante e coreografo in America (Boston) e a livello internazionale, è il protagonista della seconda intervista.
George, raccontaci un po’ di te, cosa ti ha spinto a unire queste due discipline?
Sono un ballerino professionista ormai in pensione, sono nato nella Repubblica Democratica di Georgia, ma ora vivo a Boston (USA) e lavoro come insegnante e coreografo internazionale. Sono inoltre atleta di MMA/BJJ e ora anche allenatore.
Ripensare al percorso che mi ha portato a eccellere in entrambi i campi mi riporta indietro a quando ero bambino: ho cominciato a ballare da piccolo nel mio Paese natio e, per andare in accademia, ero costretto a passare da un quartiere non proprio tranquillo, dove altri bimbi si sono sempre presi gioco di me, bullizzandomi. Per rispondere a questo ho deciso di imparare a badare a me stesso, iniziando a frequentare classi di Judo. Con gli anni ho viaggiato molto per il mondo come ballerino professionista e ovunque ho trovato arti marziali da studiare. In moltissimi posti in cui ho vissuto, ho avuto modo di formarmi con maestri, veri professionisti, i quali mi hanno insegnato e mi hanno modellato come combattente.
A volte, quando posso, mi piace ancora partecipare a competizioni di arti marziali.
Ti andrebbe di dirci perché secondo te per un danzatore sarebbe utile affrontare anche un percorso di arti marziali?
Bè, ciò che mi ha portato ad esplorare il mondo delle arti marziali è stato il momento di difficoltà incontrato lungo la strada.
La danza, come le arti marziali, insegnano la disciplina. Non ci sono scorciatoie per diventare un bravo ballerino o un bravo atleta, in realtà non esistono mai se si vogliono raggiungere risultati nella vita.
Di norma, le persone non pensano mai a quanto queste discipline siano in realtà molto simili: per entrambe è necessaria la dedizione, la coordinazione fisica e l’agilità, per non parlare della determinazione e dell’autocontrollo.
Sicuramente il fatto di aver raggiunto ottimi livelli in entrambe le discipline ha formato l’uomo che sono oggi.
Come utilizzi la tua esperienza nelle arti marziali nella tua vita di tutti i giorni come insegnante di danza e coreografo?
Sono più sicuro e calmo in ogni tipo di situazione e probabilmente essere un atleta praticante mi rende un danzatore più forte dal punto di vista fisico: non nascondo che la pratica delle arti marziali rende anche molto più semplice, per il danzatore, imparare e comprendere i movimenti del corpo.
Gli allievi mi vedono come un esempio e non solo come il loro insegnante.
Io cerco sempre di essere attento a ciò che dico, a come mi comporto e a come mi muovo.
Entrambe le arti mi hanno aiutato a essere un uomo migliore.