Ripensando alle molteplici esperienze che hanno fatto parte della mia vita professionale, cerco di capire quali di queste necessitano di una chiave di lettura differente, rispetto a quando le ho vissute.
L’inesperienza iniziale mi ha portato a seguire numerose scuole e artisti, senza documentarmi troppo sulle loro effettive capacità. Ai tempi della mia gioventù, chi si “nutriva di danza” dalla mattina alla sera, aveva una grande sete di sapere e conoscenza e tendeva a non essere selettivo e a provare tutti gli stili, dal classico, al modern, al contemporaneo, alle danze di carattere nella convinzione che tutto sarebbe potuto tornare utile, se non subito, in futuro. Per certi versi, questo ci apriva le porte verso maggiori possibilità professionali, e anche se ora mi rendo conto che non tutte le scelte formative che ho fatto sono state adeguate, ognuna è servita a formare l’insegnante che sono oggi.
L’impegno richiesto era notevole: non ci si spaventava di attraversare la città anche in orari improponibili, anche dopo aver svolto turni di lavoro, perché molti di noi arrivavano da famiglie disagiate, e dovevano fare i conti con soldi mancanti e lezioni costosissime.
La mole di lavoro, la costanza, la competitività, spesso fonte di frustrazione, la mancanza di tatto di alcuni insegnanti in alcuni casi troppo rigidi, si scontravano con le naturali debolezze e molti interrompevano il percorso intrapreso. Eravamo abituati al dolore fisico e alla pressione psicologica, pur non sapendo dove saremmo finiti. Ore ed ore di interminabili esercizi affrontati con molta umiltà, caratteristica che oggi manca a molti ballerini della scena odierna.
Qualcuno da ragazzo mi disse che la danza è sofferenza, e così ho creduto per molto tempo. Chissà perché, alcuni insegnanti tendevano a farci percepire questo settore come qualcosa di autodistruttivo, dove solo i più resistenti proseguivano.
Solo da adulto ho compreso che la sofferenza è in realtà lo sforzo di imporsi un impegno costante, una totale dedizione richiesta da una disciplina che aspira alla perfezione. Oggi con maggior cognizione di causa preferisco dire che la danza è soprattutto bellezza, e deve essere vissuta con gioia e piacere. L’obiettivo di un buon insegnante deve essere quello di fortificare i talentuosi, e non mortificare i più deboli.
Personalmente giudico un buon ballerino chi ha costruito la propria competenza tecnica confrontandosi con molte scuole e diversi maestri, chi è ricco di competenze su anatomia, fisiologia e bio-meccanica, così come sulla storia della danza e del palcoscenico. Il corpo è lo strumento che va utilizzato e preservato con cura nel tempo, quindi conoscerlo e saperlo usare bene nello spazio è fondamentale.
Ai tempi odierni mi sembra di notare, invece, corse disperate verso traguardi irraggiungibili.
Si tende a pensare che la vita del ballerino sia qualcosa di molto breve, che sia necessario bruciare le tappe. La televisione, che in termini di visibilità all’inizio può essere gratificante, si rivela arma a doppio taglio per gli artisti che non reggono il paragone con grandi Etoile, rovinando così la propria carriera nel giro di poco tempo.
Molti talent show ci hanno abituato a pensare che ci può essere un momento di celebrità per chiunque, bravo o mediocre che sia, e il mercato è saturo di “professionisti” improvvisati, non tutti adeguatamente preparati.
La storia e la cultura della danza, comunicate attraverso i media generalisti, perdono di spessore, perché si ritrovano banalizzate e rimescolate con personaggi e stili più popolari, senza distinzione di periodo storico e rilevanza artistica. Sarebbero necessari più approfondimenti e distinzioni, invece il mondo della danza assomiglia sempre più ad un supermercato, che si pone l’obiettivo di mettere alla portata di tutti questa disciplina.
È mia opinione invece, che la danza non sia per tutti. Ha un suo codice preciso, e si tratta di una professione molto seria. Al fine di tramandare la sua valenza culturale, va mantenuta salda la distinzione tra il mondo amatoriale, costituito da dinamismo e passioni ancestrali, e il mondo professionale, che deve essere necessariamente caratterizzato da persone il cui talento è sostenuto da anni di studio, rigore, disciplina.
Troppi intendono la danza solo come uno sport, un’attività amatoriale, di cui discutere in rotocalchi e televisione. Invece è una disciplina complessa, metodica, e assolutamente, insindacabilmente, non clonabile, costellata di grandi opere classiche o contemporanee, capostipite di momenti storici indissolubili nel tempo. Se ne smarrissimo il ricordo, se ne perderebbe il senso.
Ogni giorno ballerini e allievi interpretano stili forgiati da grandi personaggi della storia della danza, senza conoscerne neppure il nome. Ogni anno vediamo nascere piccole celebrità della danza, che si smarriscono in pochi mesi e non lasciano traccia di sé. Le nuove generazioni crescono corrose dalla foga di celebrità, con l’arroganza tipica di chi non vuol sapere, senza capire che i veri professionisti hanno raggiunto traguardi notevoli solo grazie ad anni di sacrifici ed esperienza.
Il giovane allievo deve ridimensionare la sua ricerca dell’effetto spettacolare, e bramare la conoscenza di quanto di più meraviglioso quest’arte nasconda, apprendere da quali radici si è sviluppata. Solo così formeremo le Etoile di domani, che tramanderanno nel futuro la disciplina che tanto fascino e storia ha creato nei secoli.
Nel ruolo di insegnanti o genitori, non possiamo certo sovvertire un intero sistema multimediale nel suo divenire, e nemmeno va rifiutato. Va accettato come segno dei tempi e capito l’errore, fornendo agli allievi gli strumenti per fare le giuste distinzioni e scelte, scongiurando il rischio che la danza di domani sia caratterizzata solo da performance spogliate di storia e significato.
Non create nelle vostre scuole semplici copie di grandi prestazioni, sbiadite e svuotate di senso. Danzate insieme sulle rovine del passato e gli errori del presente cercando di ripartire, elemento dopo elemento, con una più grande e nuova coreografia.
© Expression Dance Magazine - Agosto 2018
Virgilio Pitzalis sarà presente allo Stage Expression a Ravenna l'8 e il 9 dicembre 2018. Maggiori informazioni a questo link >