Il Teatro alla Scala ha riproposto “Giselle”, titolo in due atti di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges da Théophile Gautier, nello storico allestimento di Jean Coralli e Jules Perrot con l’iconica ripresa coreografica di Yvette Chauviré. L’importanza di tale recupero è tessuto nel rispetto dell’originale intenzione tanto da divenire, nel tempo, l’emblema del balletto esemplare.
Una trasposizione spirituale tra le più incantevoli, che si erge a sovrana del periodo romantico, così caratterizzata da tendenze riconducibili ad un lirismo sentimentale, appassionato, languido e sognante capace di suscitare quell’atmosfera suggestiva, fondata su un rapporto amoroso, vissuto con incantata trepidazione ma al contempo ineluttabilmente doloroso. Tragedia che si consuma per due volte nel corso della narrazione, nel primo atto prende le sembianze di Giselle, nel secondo atto quelle di Albrecht, suscitando nella scena conclusiva quel senso di candore seppur nel convincimento che tutto è andato perduto.
Mancava dal palcoscenico del Teatro alla Scala di Milano dal 2016, ma in questi anni la produzione ha girato il mondo: dopo le rappresentazioni in programma presso l’NCPA di Pechino nel mese di agosto, Giselle è tornata alla Scala dal 17 settembre all’8 ottobre scorsi. Questo balletto continua ad attrarre il pubblico italiano e internazionale; non è un caso che il Corpo di Ballo scaligero diretto dal Maestro Frédéric Olivieri abbia ottenuto notevoli riscontri anche nel corso delle passate tournée in Oman, Brasile, Hong Kong, Parigi e nelle più recenti trasferte: in Cina nel 2016, a Costa Mesa (California) nel 2017 e nel 2018 ancora in Cina e nel corso della prima visita in assoluto della Scala in Australia.
Una storia d’amore, tradimento e redenzione, tra gioiose feste contadine e il bianco stuolo di Villi, affascinanti quanto spietate. Ricco e completo nella sua classicità l’allestimento scaligero, perfetto nella struttura coreografica, permette di porre in risalto la versatilità degli artisti e la specificità della produzione firmata dal tempio milanese, essendo altresì impreziosita dall’allestimento di Aleksandr Benois (rielaborati oggi da Angelo Sala e Cinzia Rosselli) creato appositamente per la Scala e patrimonio della compagnia da innumerevoli decenni. Fu proprio Yvette Chauviré, straordinaria étoile scomparsa da pochi anni, ad essere interprete alla Scala della sua versione, per la prima volta sul palcoscenico scaligero nel 1950.
Nel corso degli otto spettacoli andati in scena recentemente a Milano sono apparsi in scena gli artisti che hanno ottenuto notevole successo nelle recite internazionali, accanto a due superstar che hanno aperto le rappresentazioni: per la prima volta insieme alla Scala in questo titolo l’étoile Svetlana Zakharova e David Hallberg, eccezionale artista ospite. L’esecuzione musicale è stata affidata all’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala diretta con mano sicura da David Coleman. Nelle successive recite sono tornati nei ruoli di Giselle e Albrecht i protagonisti della trasferta a Pechino: Vittoria Valerio e Claudio Coviello, Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. Nel ruolo di Myrtha si sono alternate Maria Celeste Losa poi Alessandra Vassallo, nel ruolo di Hilarion Mick Zeni, poi Christian Fagetti e Marco Agostino, mentre il passo a due dei contadini è stato affidato a Martina Arduino con Nicola Del Freo, ad Antonella Albano con Federico Fresi, Alessandra Vassallo con Mattia Semperboni, e una recita ai giovanissimi Linda Giubelli e Domenico Di Cristo. Nella recente tournée questa versione di Giselle era attesissima a Pechino: un trionfale ritorno dopo tredici anni dalla prima e unica visita del Balletto scaligero nella Capitale cinese, accolto con straordinario calore da un pubblico entusiasta che ha gremito l’Opera House del National Centre for the Performing Arts, con applausi finali tra i dieci e i quindici minuti, applausi a scena aperta e standing ovation per tutto il Corpo di Ballo e gli artisti impegnati nei ruoli principali. La cura e la raffinatezza hanno esaltato la tradizione classica accademica in tutta la sua purezza e consegnato la sua fama al mondo.
Il primo atto si apre in un villaggio nella Renania medievale, durante la vendemmia, appare una giovane contadina, Giselle, che vive in una vicina casetta con sua madre Berthe. La ragazza adora ballare e darebbe la vita per questa sua passione. Entra in scena un giovane vestito da popolano, Loys, che abita nei pressi ma che in realtà è, sotto mentite spoglie, il principe di Slesia, Albrecht. Giselle ignora le sue nobili origini; in un primo momento titubante, accetta poi la corte del giovane, di cui si innamora. Giselle e Albrecht, nei panni di Loys, danzano gioiosamente nonostante i continui richiami della madre di lei, che l’ammonisce per le sue precarie condizioni di salute. La madre è inoltre ossessionata dalla leggenda delle Villi e diffida istintivamente di Loys, temendo di vedere un giorno la figlia trasformata in una Villi. I giovani innamorati affidano il destino del loro amore allo sfogliare i petali di una margherita; l’innocente gioco termina con un presagio negativo. Wilfred, amico del principe, tenta invano di dissuaderlo dal continuare questa relazione con la giovane contadina. Entra in scena Hilarion, il guardiacaccia, geloso di Giselle, che nota furtivamente il mantello del giovane sconosciuto e la sua spada con uno stemma. In lontananza, il suono di un corno annuncia una battuta di caccia. Arriva la corte, impegnata nella battuta, ed entra nel villaggio per trovare ristoro. Tra i vari componenti del seguito, c’è anche la promessa sposa di Albrecht, la principessa Bathilde, con suo padre, il Duca di Curlandia. Giselle offre loro del vino e Bathilde, impressionata dal candore, dall’innocenza e dalla dolcezza della giovane contadina, le fa dono del suo medaglione. Hilarion si aggira intanto furtivamente, osservando Loys inquieto e preoccupato. Questo conferma i suoi sospetti. Il rivale in amore, accecato dalla gelosia, smaschera allora il principe davanti a tutti, mostrando la spada con lo stemma. Giselle, perdutamente innamorata, nella disperazione prende la spada di Albrecht per uccidersi, ma poi impazzisce e muore per il dolore tra gli sguardi inorriditi dei presenti e lo strazio della madre.
Il secondo atto si svolge in una radura illuminata dalla luna nei pressi della tomba di Giselle. Hilarion è sconvolto dal rimorso per la morte di Giselle e si reca presso la sua tomba. Nelle vicinanze vi sono i suoi amici, che cercano di distoglierlo e portarlo via. Ad un tratto i giovani percepiscono intorno a loro una presenza irreale e, spaventati, fuggono. Entrano in scena Myrtha, l’implacabile regina delle Villi, e le sue discepole. Giselle, evocata dalla sua tomba e accolta da Myrtha e dalle creature soprannaturali, danza con esse. Hilarion è intanto inseguito dalle Villi, che lo costringono a danzare fino alla morte. Albrecht arriva disperato alla ricerca della tomba di Giselle; il fantasma della ragazza appare davanti a lui e gli ricorda il funesto presagio della margherita, il fiore cui avevano affidato il destino del loro amore. Egli implora il suo perdono, ma Myrtha raduna a sé tutte le sue discepole costringendo Albrecht a danzare. L’intento è quello di punire il giovane per il suo tradimento d’amore e farlo morire per sfinimento. Giselle supplica inutilmente Myrtha di risparmiarlo. Quindi inizia a proteggerlo, sorreggendolo e danzando con lui per tutta la notte. Alle prime luci dell’alba le Villi sono costrette a svanire, Albrecht è salvo grazie all’amore di Giselle che, non appartenendo più alle Villi, torna per il riposo eterno nella sua tomba. Ai piedi della sepoltura rimane il giovane principe, solo e affranto dal dolore.
Si narra che l’autore del libretto, alla lettura del “De l’Allemagne” di Heinrich Heine rimase turbato dalla suggestività dei luoghi descritti e soprattutto dalla saga delle Villi: vendicative e spettrali, incapaci di trovare riposo eterno nella morte alla ricerca continua dei loro traditori. Nel libro di Heine, inoltre, le Villi provano un irrefrenabile desiderio e amore per la danza, aspetto che contribuì a fare di questa leggenda la fonte di ispirazione del balletto: “Vestite da spose e coronate di fiori... meravigliosamente belle, le Villi danzano alla luce della luna sempre più appassionatamente a mano a mano che sentono scivolare via l’unica ora che è loro concessa per danzare, poiché dopo dovranno nuovamente ridiscendere nelle loro tombe fredde come il ghiaccio”.
Una produzione immortale in cui tradimento e redenzione fanno da corona al capolavoro composto da limpidezza e nitidezza, peculiarità ormai rare sia in natura che nell’animo umano perché l’autentica magnificenza risiede intorno alla virtù del cuore, in special modo ritroviamo tutto ciò nel “Ballet Blanc” così ricco di personaggi fantastici ed eterei, rappresentati magicamente dai tutù bianchi indossati dalle ballerine in punta, che ben s’immedesimano in un ideale crepuscolare e decadente grazie alle architettoniche costruzioni coreografiche le quali culminano nel “grand pas de deux” finale, eterno emblema dell’ideale romantico di stampo coreutico.
La versione firmata dalla Chauviré, dopo gli unanimi ed entusiasti riscontri mondiali, colleziona nuovamente l’unanime plauso da parte di critica e di pubblico. Un gioiello perfetto che la Scala preserva quale simbolo di un repertorio immortale nella sua rapita gestualità ottocentesca.
Foto di Brescia e Amisano - Teatro alla Scala
Note sull'autore:
Michele Olivieri: Critico di danza e balletto (ANCT/AICT), recensore dal Teatro alla Scala e Membro del Consiglio Internazionale della Danza CID UNESCO Paris
© Expression Dance Magazine - Dicembre 2019