Sempre più spesso i ballerini iniziano a lamentarsi di dolori in regione glutea, trocanterica e/o inguinale insorti progressivamente durante l’attività artistica, dapprima solo in alcuni movimenti, poi, progressivamente, sempre più costanti e limitanti l’articolarità.
Da circa due o tre anni si iniziano a vedere sempre più frequentemente ballerini che soffrono di una patologia “per così dire” emergente nell’ambito danza: il conflitto femoro-acetabolare.
Ho avuto esperienza di ballerini che già a partire dai 14-16 anni hanno iniziato a soffrire di tale dolore all’anca; l’insorgenza di tale patologia può essere sommariamente divisa in 2 categorie:
1) Acuta: vale a dire a seguito di un unico movimento forzato, spesso associato a un errore posturale e/o tecnico, come ad esempio una spaccata frontale o una “gamba alla seconda”, forzando la sua elevazione o lo slancio della stessa durante un salto. Talora anche una caduta a terra maldestra può determinare una valida distorsione dell’anca con inizio dei sintomi.
2) Cronica: vale a dire per tanti movimenti eseguiti scorrettamente, ripetutamente, cercando articolarità estreme.
Soprattutto in quest’ultimo caso si può affermare che la predisposizione anatomica è un fattore predisponente importante, oltre al tipo, ripetizione del movimento e agli errori tecnico/posturali.
Analizzando il problema passo passo, potremmo iniziare a descrivere sommariamente l’anatomia dell’anca.
L’anca è una articolazione profonda, posta in sede inguinale (immagine 1), costituita dall’unione di testa femorale e acetabolo (immagine 2).
Il conflitto femoro-acetabolare (FAI) è una patologia caratterizzata da un conflitto anomalo tra testa del femore e acetabolo, capace di generare microtraumi al cercine (struttura posta a guisa di guarnizione attorno all’acetabolo) e alla cartilagine stessa della testa femorale ovvero del cotile. La forma del femore e dell’acetabolo è spesso un grande fattore predisponente, ma talora si assiste a FAI pure in anche apparentemente normali, probabilmente per movimenti ripetitivi in flessione (grand battement, spaccata frontale, ecc).
Il conflitto meccanico tra testa femorale e cotile di solito avviene negli ultimi gradi del movimento, spesso in flessione e rotazione dell’anca, così da generare dolore e limitazione ai movimenti quali la gamba alla seconda, la spaccata frontale e laterale, i grand battement. La deformità della testa spesso e anteriore e superiore, creando quindi una testa femorale che da sferica diviene più ellittica e che male si articola con il cotile, sferico. Questa anomalia di forma, unita ai microtraumi e ai movimenti ripetitivi, crea lesioni cartilaginee che secondo molti autori predispongono ad una usura precoce dell’articolazione stessa (immagine 3).
Classicamente i ballerini soffrono di un dolore profondo localizzato a livello inguinale o trocanterico, talora irradiato al gluteo o al fianco. Il dolore è spesso associato ai movimenti e ai massimi gradi dell’escursione articolare, infatti si lamentano del fatto che “non riescono più ad arrivare con la gamba in alto e a ruotarla come l’altra….”. Almeno all’inizio, il dolore non è sempre localizzato all’inguine e non è così forte da allontanare dalla danza. Sovente quindi i ballerini continuano a ballare e a ricercare la stessa articolarità dell’anca durante i fondamentali tecnici, peggiorando ovviamente la condizione di base. Le prime terapie, inoltre, potrebbero non essere mirate, perché non sempre si riesce a fare una diagnosi precoce, pertanto si arriva alla prognosi di certezza con ritardo, quando oramai sono già presenti lesioni del cercine o della cartilagine.
I primi sintomi di solito si avvertono verso i 14-16 anni di età e diventano costanti e invalidanti nel giro di pochi mesi, soprattutto in quelle anche anatomicamente predisposte.
La terapia del FAI è sia conservativa che, ahimè, chirurgica. Sicuramente occorre fare prevenzione, evitando di “forzare” l’articolarità delle proprie anche laddove vi sia una limitazione (immagine 4). Spesso la limitazione è indice di una morfologia ossea particolare e prima di raggiungere i propri limiti anatomici e superarli sarebbe opportuno, in relazione all’età, far riferimento a personale medico e/o tecnico preparato. Questi ultimi daranno spiegazione del motivo della limitazione e, se possibile, offriranno un rimedio per migliorare la proprio capacità di movimento. Una volta iniziata la patologia, quindi nelle anche dolenti per la presenza di un conflitto, occorre di sicuro valutare la risposta terapeutica prima di ipotizzare l’intervento chirurgico che si esegue in artroscopia. Occorre infatti modificare la postura pelvica, correggere gli errori tecnici, astenersi dalla danza ed evitare i movimenti che generano il dolore, scaricare la muscolatura contratta (ileo psoas, pelvi-trocanterici, ecc) e rivedere la tecnica con cui si danza. Solo in caso di fallimento della terapia medica e fisioterapica, è opportuno valutare la rimozione chirurgica del FAI. Una volta rimosso il FAI, occorrerà seguire scrupolosamente le indicazioni post operatorie per evitare la recidiva della patologia stessa….e ricordiamoci che le anche sono due!
© Expression Dance Magazine - Giugno 2019